La Basilica di Capodimonte, detta la Basilica dell’Incoronata del Buon Consiglio è una costruzione imponente che si trova su via Capodimonte 13, nota ai più come “La Piccola San Pietro” per l’impronta architettonica che ricorda in parte la Basilica romana. All’interno custodisce dipinti di grande valore del Seicento napoletano, oltre alle tombe di alcune principesse di Casa Savoia e al celebre “quadro miracoloso” della Madonna del Buon Consiglio.
E’ facilmente raggiungibile con la tangenziale uscendo appunto a Capodimonte e si trova immediatamente sulla destra dopo la curva in tutta la sua imponenza.
Oltre alla chiesa è possibile visitare anche delle bellissime catacombe paleocristiane chiamate le catacombe di San Gennaro.
La pietra commemorativa, posta all’ingresso, ricorda un evento singolare avvenuto durante il terremoto del 1980: la scultura mariana collocata sulla facciata crollò improvvisamente, dividendo la statua in due parti — il corpo con il Bambino e la testa della Vergine — senza provocare alcun danno ai fedeli, fatto che la gente del posto interpretò come un segno soprannaturale.
La storia della sposa di Capodimonte
Sui gradini di questa stessa Basilica aleggia la storia di una giovane donna, morta prima di pronunciare il fatidico “sì”. Non esiste documento che ne testimoni l’identità, né l’età precisa: per tutti è semplicemente «’a sposa ‘e Capodimonte». La tradizione popolare racconta che il suo spirito prenda forma nelle sere di primavera, quando l’aria ancora non è calda, e che si manifesti solo alle ragazze nubili. La figura appare con il volto coperto da un lungo velo bianco, mentre attende senza sosta l’arrivo dello sposo che non giungerà mai.
Dicono appaia soprattutto nelle sere di primavera — forse lo stesso periodo in cui si spense per colpa della tubercolosi, malattia che secoli fa mieteva vittime nei ceti più poveri, aggravata da condizioni igieniche precarie e da una diffusa malnutrizione. La febbre, i deliri e l’assenza di cure adeguate la condussero all’ultimo respiro proprio quando stava per raggiungere l’altare. Il giorno successivo, i drappi e gli addobbi bianchi lasciarono spazio ai segni del lutto, mentre il parroco commemorava un funerale anziché celebrare un matrimonio.
Si racconta che la figura compaia solo nelle notti di luna piena alle ragazze nubili, immobile sulla scalinata, con il volto celato dal velo che il vento sembra muovere in modo innaturale. Non c’è mai traccia dello sposo che lei aspetta da un tempo indefinito, eppure i passanti riferiscono di uno sguardo intriso di speranza e malinconia. Qualcuno l’ha descritta mentre solleva appena il capo, come se volesse scorgere in lontananza chi non arriverà mai.
Altre versioni sulla sua morte dicono che avendo appreso della morte del suo amato sposo si suicidò su quegli stessi gradini. Un altra versione dice invece che dopo essere stata abbandonata sull’altare, si sia gettata dal dirupo che si affaccia sulle cave di tufo della Sanità.
In ogni caso la stessa maestosa chiesa, nota come “La Piccola San Pietro” per il rimando architettonico a San Pietro in Vaticano, avrebbe dovuto essere il luogo del sì e invece si trasformò in una tomba.
Per molti napoletani, la sposa in attesa rimane un’immagine dolorosa e romantica al tempo stesso: un simbolo di gioventù spezzata e di promesse non mantenute. Nessuno sa se sia leggenda popolare o un frammento di realtà tramandato da secoli, ma ancora oggi c’è chi passa davanti alla Basilica sperando di vederla, forse per un brivido di curiosità o per l’illusione di poterla consolare anche solo con uno sguardo silenzioso.