Napoli è una città ricca di storia e di leggende. Una delle leggende più affascinanti è quella dei teschi di Santa Marta, una chiesetta spesso chiusa al pubblico che si trova di fronte al campanile di Santa Chiara all’incrocio del decumano con Via San Sebastiano.
In questa chiesa è custodito un sacrario per molti sconosciuto.
I teschi sono stati attribuiti a diverse origini, cerchiamo di analizzare tutte le possibili teorie.
La leggenda dei briganti
Una leggenda narra che i teschi appartengano a dei briganti che furono uccisi dai soldati borbonici. Questa leggenda è nata probabilmente a causa della vicinanza della chiesa alla zona di Montesanto, che era un luogo di rifugio per i briganti.
Nel periodo postunitario italiano, il brigantaggio fu un fenomeno molto diffuso nel Sud Italia, e Napoli era una delle città più colpite. I briganti erano spesso dei contadini o dei pastori che si ribellavano al nuovo governo italiano, che consideravano oppressivo.
La zona di Montesanto, situata a nord di Napoli, era una delle zone più colpite dal brigantaggio. Era una zona rurale, con molte montagne e foreste, che offriva ai briganti un rifugio sicuro.
È quindi possibile che alcuni dei teschi conservati nella sacrestia della chiesa di Santa Marta appartengano a dei briganti che furono uccisi dai soldati borbonici.
Tuttavia, è anche possibile che questi teschi appartengano a dei soldati che furono uccisi durante la Rivoluzione Napoletana del 1799. In quel periodo, la chiesa fu occupata dai francesi e fu teatro di scontri armati tra francesi e borbonici.
L’esercito di Masaniello
Un altra teoria dice che questi erano i teschi di alcuni uomini che furono uccisi durante la rivolta di Masaniello, avvenuta nel 1647.
I teschi sono in buone condizioni e recano ancora le tracce dei fori di proiettile che li uccisero. I crani sono spaccati da colpi di bastone, le tempie forate da armi posizionate vicine alla testa.
Sollevando lo sguardo lungo le pareti umide della chiesetta scopriamo che sono costellate da fori provocati da proiettili.
Il cicerone don Salvatore, che appartiene all’arciconfraternita di San Vitale, l’ultima ad avere avuto in dotazione la chiesa, giura che quei segni sul muro sono stati procurati dalle spingarde spagnole puntate sugli uomini di Masaniello messi al muro e ammazzati qui dentro.
La rivolta di Masaniello
La rivolta di Masaniello fu una rivolta popolare che ebbe luogo a Napoli nel 1647. La rivolta fu guidata da Tommaso Aniello d’Amalfi, un pescivendolo che divenne un capopopolo carismatico.
La rivolta fu causata dalla povertà e dalle ingiustizie sociali che affliggevano la popolazione napoletana. I napoletani erano esasperati dai pesanti tributi imposti dalla Spagna, che governava Napoli in quel periodo.
La rivolta iniziò il 7 luglio 1647, quando Masaniello guidò una folla di rivoltosi contro il viceré di Napoli, il duca di Arcos. I rivoltosi riuscirono a conquistare il Palazzo Reale e a costringere il viceré a concedere alcune concessioni.
Tuttavia, la rivolta fu repressa nel sangue il 16 luglio 1647. Masaniello fu assassinato dai suoi stessi sostenitori, che erano stati corrotti dalla Spagna.