Napoli misteriosa è ricca di leggende che riguardano non solo la città partenopea ma anche alcune città limitrofe una di questa è Aversa.
Nel cuore dell’antica Aversa, la Chiesa di San Domenico Maggiore si impone con la sua facciata barocca e il silenzio sospeso che aleggia tra le sue navate. Questo complesso, eretto nel Trecento e trasformato nei secoli, è oggi al centro di racconti popolari e testimonianze che parlano di apparizioni, voci misteriose, presenze che sfuggono alla vista ma non alla percezione.
Un luogo in cui sacro e mistero convivono, tra memoria storica, architettura monumentale e fenomeni inspiegabili.
Una chiesa costruita sulle fondamenta dell’Aversa medievale
Il complesso domenicano nasce nel 1298 per volontà di Carlo II d’Angiò, in una fase storica in cui la città godeva di un rinnovato interesse da parte della dinastia angioina. La nuova struttura andava a inglobare l’antica parrocchia normanna di Sant’Antonino, già attestata nel XII secolo, segno di una continuità tra epoche e forme del culto.
Il vescovo Leonardo Patrasso concesse ai domenicani il permesso di espandersi, e il convento divenne presto uno dei centri religiosi più influenti della città. Alcuni resti dell’edificio originario sono ancora visibili: il piccolo chiostro, tre volte romaniche, una monofora e gli antichi contrafforti raccontano un passato che riaffiora nella pietra.
Il barocco che copre il Medioevo: trasformazioni e simboli
Nel Settecento il complesso fu radicalmente ristrutturato: il barocco prese il posto del rigore gotico e romanico, dando vita a un impianto teatrale, fortemente simbolico. La chiesa fu trasformata in un’unica aula spaziosa, con trabeazioni curve che simulano il movimento delle pareti.
La facciata, concava e solenne, culmina in una tribuna centrale con una statua di San Luigi IX e quattro pontefici domenicani: Benedetto XIII, Pio V, Benedetto XI e Innocenzo V. Alcuni studiosi attribuiscono il progetto all’architetto Filippo Raguzzini, seguace di Papa Benedetto XIII, altri a Gian Battista Nauclerio, autore di altri lavori religiosi in Campania.
In ogni caso, l’effetto scenografico resta potente, in dialogo con la piazzetta antistante e con la storia impressa nei dettagli scultorei.
Collegio, bambini e presenze: quando il sacro diventa inquietante
Nel corso dell’Ottocento, una parte del complesso fu adibita a scuola elementare. È proprio in questo contesto che cominciano a diffondersi i primi racconti su fenomeni insoliti. Scolari e insegnanti riferiscono di voci senza fonte, passi pesanti nei corridoi deserti, ombre che si muovono oltre le finestre. Una bambina in particolare raccontò di aver visto un braccio emergere da un muro durante la lezione. Il panico, la fuga, e la sensazione di essere osservati da occhi invisibili diventano presto parte integrante della memoria del luogo, tramandata da generazioni di studenti aversani.
Ricerca paranormale e registrazioni inquietanti
Negli ultimi decenni, i fenomeni hanno attirato anche l’interesse di appassionati di ricerca paranormale. Utilizzando strumenti come i registratori EVP (Electronic Voice Phenomena), sono state raccolte voci e suoni che sembrano provenire da presenze non corporee.
Alcune risposte sembrano intenzionali, quasi consapevoli. Frasi come “Grazie”, “Noi vi vediamo”, fino a un pianto infantile, sono state registrate nel silenzio della chiesa. In due casi distinti, le entità sembrano essersi identificate: Suor Lucia, una figura severa e spirituale, e Giacomo, forse un giovane morto in circostanze tragiche. Queste registrazioni, seppur controverse, hanno rafforzato l’alone di mistero che circonda l’edificio.
Tre spiriti ricorrenti: Suor Lucia, Giacomo e il bambino
Le testimonianze più insistenti parlano di tre entità che infesterebbero il complesso. Suor Lucia, avvistata nei pressi del chiostro, è descritta come una figura dal volto pallido, sempre silenziosa, ma intensamente presente. Giacomo, secondo alcune ricostruzioni, sarebbe uno spirito inquieto, forse legato a un episodio di dolore o punizione avvenuto nei secoli passati. Il bambino, il più enigmatico dei tre, si manifesterebbe con pianti, risate lontane e spostamento di oggetti. La loro presenza sembra legata non solo al passato scolastico dell’edificio, ma anche alle origini più oscure del terreno su cui sorge la chiesa.
Il cimitero normanno sotto il chiostro
Sotto il chiostro del convento si trovano i resti dell’antico cimitero normanno. Questo dato, spesso dimenticato, potrebbe rappresentare una chiave interpretativa dei fenomeni. La commistione tra luogo di culto, scuola e necropoli rende il sito particolarmente predisposto a fenomeni di interferenza tra dimensioni.
Gli spiriti non sarebbero dunque anime erranti casuali, ma entità legate profondamente alla terra che le ospita. Un passato non pacificato che continua a emergere nei sussurri del presente.
Giovanna d’Angiò: la regina maledetta della piazza
Nei pressi della Chiesa di San Domenico, e più precisamente nei dintorni del medievale Palazzo Masola, si racconta da secoli dell’apparizione spettrale della regina Giovanna d’Angiò la figlia di Carlo II.
La si descrive mentre volteggia sulla piazza cavalcando una trave infuocata, lanciando urla senza voce nel cuore della notte. Secondo la leggenda, Giovanna, colpevole di aver fatto giustiziare decine di amanti dopo averli sedotti, fu condannata a vagare senza pace.
Il mito della regina si sovrappone nella memoria collettiva a quello della chiesa, creando una linea narrativa che unisce l’erotismo crudele delle corti medievali alla sofferenza eterna degli spiriti dannati.
Un complesso ferito dal tempo e dagli uomini
Il complesso ha vissuto un lungo periodo di degrado: chiuso dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, riaperto nel 1953, e di nuovo abbandonato dopo il terremoto del 1980. Durante la chiusura, furono trafugate opere d’arte preziose: una Resurrezione del Solimena, due tele di Santafede, dodici clipei nobiliari. Solo negli ultimi anni, grazie all’azione di volontari e appassionati locali, si è tentato di recuperare parte della dignità architettonica del luogo.
Le due pale d’altare e i due puttini rubati dalla chiesa di San Domenico sottratte nel 1990 tornarono di nuovo nella Chiesa un anno fa rinvenute a casa di un privato che le avrebbe acquistate nel 2001 da un antiquario ad Avellino.
La chiesa è stata riaperta il 18 ottobre 2019 dopo essere stata chiusa per quasi quarant’anni a causa del terremoto del 1980 grazie all’impegno dell’associazione “I Normanni”, che cerca di riaccendere l’attenzione su una delle strutture più suggestive e dimenticate della Campania.
Un motto inciso nella pietra: il basilisco e il risveglio
Nel percorso che porta alla biblioteca, fondata nel 1876, si trova incisa una frase enigmatica in latino: “Qui sub ingesta iacuit basiscus harena, invictum liber protulit ille caput”.
Parla di un basilisco sepolto sotto la sabbia, che un giorno solleva nuovamente la testa.
Un’immagine potente, che sembra alludere alla resurrezione della memoria, alla riemersione del rimosso. Proprio come il basilisco, anche San Domenico sembra giacere sotto uno strato di oblio, pronto però a risvegliarsi ogni volta che qualcuno osa ascoltare le sue voci.