La chiesa di S. Domenico Maggiore è una chiesa basilicale di Napoli.
Fu voluta da Carlo II d’Angiò per un voto fatto alla Maddalena durante la prigionia patita nel periodo dei vespri siciliani.
Eretta, inizialmente in stile gotico, tra il 1283 e il 1324, divenne la casa madre dei domenicani nel regno di Napoli e chiesa della nobiltà aragonese.
Si trova nell’omonima piazza San Domenico Maggiore, voluta da Alfonso I re di Napoli, che sta tra Mezzocannone e Spaccanapoli, quindi nel cuore più antico della città.
Al centro si erge un grande obelisco dedicato a San Domenico fatto erigere dai napoletani come ringraziamento per la fine di una epidemia di peste.
La piazza è circondata da palazzi nobiliari rinascimentali e barocchi come Palazzo Petrucci, costruito ai primi del 1400, palazzo Saluzzo di Corigliano di colore rosso costruito nel sedicesimo secolo e sede dell’Università Orientale.
Infine troviamo il palazzo di Sangro di Casacalenda costruito nel diciottesimo secolo da Goffredo ed ultimato dal Vanvitelli sui resti di una antica fabbrica.
Durante la costruzione emersero i resti di mura greche del quarto secolo ancora visibili alle spalle del palazzo.
Più che una Chiesa, San Domenico Maggiore è una basilica con annesso un complesso conventuale di vastissime proporzioni.
Il complesso monastico disponeva all’inizio di tre chiostri, uno dei quali è stato convertito in palestra comunale, un altro è sede del Liceo Casanova, in cui è stata inglobata anche la casa in cui viveva Giordano Bruno.
L’ultimo è detto il chiostro delle statue chiamato così perché vi sono state poste quattro statue provenienti dalla chiesa di San Sebastiano.
La prima sala visibile all’ingresso del complesso è quella in cui insegnava San Tommaso d’Aquino.
Attraversato il chiostro delle statue salendo un imponente scala di piperno si giunge nel convento.
Sui lati del corridoio si vedono le varie celle sormontate da dipinti con la storia di San Tommaso, che ospitavano i frati domenicani, tra cui quella di San Tommaso d’Aquino in cui è conservata una sua reliquia, poi c’è il refettorio, la sala del capitolo e la biblioteca storica.
Era il centro dell’Ordine Domenicano in tutto il Regno, quindi in tutto il Sud Italia.
Viene edificata sulla vecchia chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa che verrà poi inglobata dal nuovo complesso di San Domenico.
E’ ancora raggiungibile dalla massiccia scala in piperno che si trova ai piedi di Palazzo Petrucci.
Il complesso comincia ad essere costruito nel 1283 e viene completato nel 1324.
Il campanile e la parte centrale, quella che corrisponde al pronao sono in stile barocco, le due cappelle che stanno a destra ed a sinistra sono rinascimentali, mentre gotica è la splendida bifora centrale.
E’ una chiesa lunga almeno 80 metri e grande almeno 30, quindi il visitatore appena entra ha una impressione di una spazialità immensa.
All’interno oltre al maestoso altare e al bellissimo organo in stile barocco ci sono 27 cappelle la più importante delle quali si trova all’inizio sulla destra ed è chiamata la cappella degli affreschi.
Fu il cardinale Brancaccio a volere che il pittore Pietro Cavallini dipingesse questa cappella di suo patronato con vari episodi biblici come la crocifissione in cui compare anche la figura di San Domenico.
La sacrestia, dalla quale è possibile accedere alla sala del tesoro, è celebre per la presenza sul ballatoio di una serie di 45 feretri chiamate arche aragonesi ricoperti da preziose stoffe colorate e contenenti i corpi imbalsamati di personaggi nobili che secondo la tradizione sono dell’intera dinastia aragonese.
Prima si trovavano nel coro della chiesa poi vennero spostate a causa dei frequenti incendi in sacrestia.