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Un portale a cura di Marco Ilardi

‘O Trammamuro: un viaggio tra ingegno e identità napoletana

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Se Napoli fosse una parola, sarebbe sicuramente colorita, evocativa, e con quel pizzico di ironia che rende il nostro dialetto unico. Tra i mille termini che il napoletano sa trasformare in piccoli capolavori linguistici, c’è ‘o trammamuro. Una parola che già a sentirla pronunciare sembra raccontare una storia, fatta di creatività popolare e genialità tecnica. Ma cosa vuol dire davvero questa parola? E come mai si chiama così?

Facciamo un salto indietro nel tempo.

Quando il tram andava… a muro

Per capire il trammamuro, bisogna mettere da parte l’idea di un tram che sferraglia su rotaie lungo il corso Vittorio Emanuele e immaginarlo “aggrappato” a un muro. Questo perché la parola, con l’inconfondibile doppio “mm” che quasi richiede uno sforzo di pronuncia, descrive proprio l’ascensore. Eh sì, quello che oggi usiamo senza neanche pensarci, a Napoli si chiama così per la sua somiglianza estetica e meccanica con il tram, ma in versione verticale.

E non si tratta solo di fantasia: il termine nasce da una realtà storica. I primi modelli di ascensore somigliavano davvero a piccoli tram ristretti, chiusi tra quattro pareti. Il napoletano, che ama semplificare e al tempo stesso arricchire ogni cosa, ha guardato quel montacarichi con occhi creativi e lo ha battezzato: tram a muro, diventato poi “‘o trammamuro” per quella magia linguistica che solo qui sappiamo fare.

Dalla sedia volante al trammamuro: un primato partenopeo

Non tutti sanno che uno dei primi esempi di ascensore moderno fu ideato proprio nel Regno di Napoli. Alla Reggia di Caserta, a metà Ottocento, Ferdinando II di Borbone volle dotarsi di un sistema che gli permettesse di salire comodamente ai piani superiori. L’architetto Gaetano Genovese progettò così la “sedia volante”, una gabbia di legno sollevata da un sistema di ruote dentate. Niente pulsanti né musica di sottofondo, ma una tecnologia innovativa per l’epoca.

Se oggi pigiamo un pulsante per salire al quinto piano, forse dovremmo fermarci un momento a pensare che, in fondo, tutto è iniziato con questa invenzione “borbonica”. Ed è probabile che l’idea del trammamuro sia nata proprio qui, dove il tram orizzontale ha incontrato l’eleganza verticale.

L’onomatopea che racconta

C’è poi un altro dettaglio curioso. Il termine tram ha un’origine incerta, ma per i napoletani è sempre stato un suono: quello dello sferragliare, delle ruote che girano e degli ingranaggi che si muovono. Quando l’ascensore ha fatto capolino nei palazzi napoletani, quello stesso sferragliare è stato trasferito nella nuova invenzione. Ed ecco che il tram diventa “a muro” e il movimento orizzontale si trasforma in verticale. Una vera rivoluzione linguistica, oltre che tecnologica.

Non solo parole, ma identità

ascensore sanità napoli
ascensore sanità Napoli

Il trammamuro non è solo un termine. È uno specchio della mentalità napoletana, capace di prendere un’invenzione e renderla familiare, vicina, e persino poetica. Pensiamo all’ascensore della Sanità, attivo dal 1932 e oggi considerato un pezzo di storia. Due cabine di acciaio che per anni hanno collegato il ponte della Sanità con il cuore pulsante del rione. Anche in quel caso, c’erano delle sedie al suo interno, quasi a dire: “Aspetta, siediti e goditi la corsa”.

Chiuso, riaperto, e amato dai napoletani, quell’ascensore rappresenta più di un mezzo di trasporto. È un simbolo della capacità di adattare la modernità alla nostra cultura, dandole un nome che racconta tutto.

La prossima volta che prendi l’ascensore…

Ricorda che dietro quel viaggio di pochi secondi c’è una storia fatta di re, ingegneri e tanta inventiva popolare. E se capiti a Napoli, fermati a osservare un momento quei vecchi palazzi con ascensori arrugginiti, sentendo in testa lo sferragliare di un tram che invece di viaggiare lungo i binari, sale… a muro.

 

 

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