Dolce, morbida e profumata, la pastiera napoletana è un dolce napoletano che chiunque prima o poi dovrebbe provare.
La sua storia ha origini molto antiche e non sono pochi i miti e le leggende che si celano dietro questa dolce prelibatezza: la pastiera ha fatto sognare ed è entrata nei cuori di migliaia di persone, immancabile tradizione nei periodi natalizi ma soprattutto pasquali.
In quest’articolo scoprirete nel dettaglio storia, origini, ricette tradizionali, aneddoti storici e leggendari di questo colosso della pasticceria partenopea.
Cos’è la pastiera?
La pastiera è un dolce tradizionale napoletano che ha origini antichissime, risalente ai tempi del paganesimo, come celebrazione della venuta della primavera e mantenuto anche nella tradizione cristiana perché simboleggia la rinascita.
Una delle prime leggende legate a questo fantastico dolce è molto antica e al tempo stesso molto suggestiva: come offerta al mare, per farlo calmare e permettere ai loro mariti di tornare sani e salvi, un gruppo di donne aveva lasciato a riva ceste piene di pietanze profumate e delicate; il giorno dopo, non solo i marinai erano riusciti ad arrivare a riva, ma sulla spiaggia trovarono l’unione di tutti gli ingredienti lasciati in precedenza, in una torta calda e profumata, appunto la pastiera.
La pastiera è un dolce che prevede ingredienti molto semplici: uova, ricotta, grano, latte, zucchero e acqua aromatica all’arancia. La sua preparazione, tuttavia, è tutt’altro che semplice: le accortezze da avere non sono poche e i tempi di preparazione sono abbastanza lunghi.
Avere pazienza sarà un asso vincente nella preparazione di questo dolce, ma per il risultato ne varrà altamente la pena.
La ricetta tradizionale della pastiera delle suore di San Gregorio Armeno
La tradizione della pastiera napoletana, così come la conosciamo oggi, ha radici profonde nel Convento delle Suore di San Gregorio Armeno nel Cinquecento. È lì che una suora benedettina ebbe l’idea geniale di unire gli ingredienti che simboleggiavano la rinascita cristiana di Gesù, come le uova, la ricotta e la farina, a spezie provenienti dall’estremo Oriente. Questa combinazione di elementi non solo conferiva al dolce un sapore unico, ma ne sottolineava anche il significato religioso, rendendolo un simbolo tangibile della Pasqua e della Resurrezione.
Le suore di San Gregorio Armeno preparavano numerose pastiere durante il periodo pasquale, utilizzando le loro abilità culinarie e le conoscenze tramandate nel convento. Questi dolci erano poi distribuiti alle famiglie nobili del territorio, diventando presto un simbolo di status e prosperità durante le festività pasquali. La reputazione della pastiera del convento si diffuse rapidamente, e ben presto anche le famiglie non nobili iniziarono a replicare la ricetta, procurandosi gli ingredienti principali e seguendo scrupolosamente le istruzioni.
Nel corso dei cinquecento anni successivi, la ricetta tradizionale della pastiera napoletana è rimasta sostanzialmente immutata, preservando intatto il suo legame con la storia e la tradizione del Convento delle Suore di San Gregorio Armeno. Questo dolce è diventato un simbolo non solo della cucina napoletana, ma anche della ricorrenza pasquale e del patrimonio culturale della città di Napoli. La sua preparazione è divenuta un rituale annuale per molte famiglie, che continuano a custodire gelosamente la tradizione e il gusto autentico della pastiera.
Il grano: meglio “vero” o precotto?
L’utilizzo del grano fresco, lasciato a bagno in acqua tiepida per svariati giorni, è un elemento fondamentale per ottenere il caratteristico sapore e la consistenza desiderata della pastiera napoletana. Mentre il grano precotto acquistabile nei supermercati offre sicuramente un’opzione più pratica e veloce, non può eguagliare appieno il gusto e la texture del grano fresco.
Il processo di ammollo del grano fresco consente di ottenere una consistenza morbida e cremosa, oltre a permettere al grano di assorbire i sapori degli altri ingredienti con cui viene combinato. Questo lungo periodo di preparazione è essenziale per garantire che il grano sia completamente idratato e pronto per essere utilizzato nella preparazione della pastiera.
Inoltre, il grano fresco ha un sapore più pronunciato e autentico rispetto al grano precotto, che può risultare leggermente insipido in confronto. L’utilizzo del grano fresco contribuisce quindi a conferire alla pastiera quel gusto tradizionale e genuino che la rende così apprezzata e distintiva.
Sebbene l’uso del grano fresco richieda più tempo e preparazione rispetto al grano precotto, è un passo fondamentale per chi desidera fare esperienza di una vera pastiera napoletana. La tradizione e l’autenticità di questo dolce richiedono un impegno nella ricerca e nella preparazione degli ingredienti, garantendo così un risultato finale che è veramente degno di essere celebrato e gustato.
Tutti gli errori da evitare quando cucini la pastiera
Per preparare un’eccellente e squisita pastiera napoletana, oltre ad avere gli ingredienti giusti, è indispensabile osservare importanti regole che se non venissero seguite potrebbero compromettere la riuscita del dolce.
- Preparare la pastiera con il grano pronto toglierebbe sicuramente freschezza al dolce. La pastiera è un dolce che richiede pazienza e tempo.
- Non usare ricotta di qualità e non setacciarla
- L’impasto della pastiera non deve essere troppo umido: la farcia deve essere compatta e umida, ma non troppo, pena un tragico sprofondamento delle famose strisce decorative in superficie e la possibilità, soprattutto, che la pasta frolla alla base resti cruda.
- Gli aromi e i canditi devono essere freschissimi: sono una delle parti più importanti del dolce, che conferiscono fragranze e consistenze speciali.
- Lavorare troppo la pasta frolla: evita, se non vuoi come risultato una pastiera secca.
La pastiera si mangia a Natale o a Pasqua?
La tradizione della pastiera napoletana come dolce pasquale è profondamente radicata nelle festività pasquali e nella simbologia cristiana della Resurrezione di Gesù. La sua preparazione nel periodo precedente alla Pasqua e il suo consumo durante la domenica pasquale sono rituali che risalgono a secoli fa e che si sono tramandati attraverso generazioni di famiglie italiane.
Tuttavia, è diventata sempre più comune vedere la pastiera anche sulle tavole durante il periodo natalizio. Questo cambiamento nelle abitudini alimentari può essere attribuito a diversi fattori, tra cui il desiderio di indulgere in un dolce così delizioso e simbolico in un’altra festività cristiana importante come il Natale. Inoltre, la pastiera è diventata così amata e apprezzata che molti non vogliono aspettare un intero anno prima di gustarla di nuovo.
Tuttavia, è importante notare che la pastiera napoletana è intrinsecamente legata alla Pasqua, sia dal punto di vista simbolico che storico. Gli ingredienti che la compongono, come le uova, la ricotta e il grano, sono tutti simboli della rinascita e della vita nuova, concetti centrali nella celebrazione della Pasqua cristiana. Pertanto, se si desidera seguire fedelmente la tradizione e comprendere appieno il significato della pastiera, sarebbe preferibile rispettare il periodo pasquale per la sua preparazione e il suo consumo.
Le origini pagane
La pastiera, un’iconica dolcezza partenopea, trae le sue origini da antiche celebrazioni pagane che festeggiavano il ritorno della primavera. Durante questi riti, le sacerdotesse di Cerere sfilavano in processione con un uovo, simbolo di vita e rinascita. Questo piatto speciale ha radici nelle focacce rituali diffuse ai tempi di Costantino il Grande, che derivavano dall’offerta di latte e miele distribuita ai catecumeni durante la sacra notte di Pasqua, al termine del battesimo. L’odierna versione della pastiera è associata a un antico monastero napoletano, dove una suora sconosciuta decise di unire al dolce il profumo di arancia dei giardini del convento, simboleggiando così la Resurrezione. La ricotta bianca è arricchita con un pizzico di grano, che, sepolto nella terra scura, germoglia e rinasce dorato, simboleggiando la vita nuova. Le uova, simbolo di rinascita, l’acqua profumata e le spezie aromatiche provenienti dall’Asia aggiungono un tocco di primavera al dolce. Antichi documenti attestano la maestria delle suore del convento di San Gregorio Armeno nell’arte della preparazione della pastiera, che confezionavano per le tavole delle famiglie nobili e borghesi del tempo.
La leggenda della sirena Partenope
La leggenda della sirena Partenope è una delle più affascinanti della tradizione partenopea, radicata nell’antica cultura greca che ha plasmato le fondamenta della città di Napoli. Si racconta che Partenope, una sirena di straordinaria bellezza e dal canto ipnotico, abbia scelto il golfo di Napoli come sua dimora permanente. Ogni anno, durante un periodo prestabilito, emergeva dalle acque per cantare melodie incantevoli che rapivano l’animo di chiunque la ascoltasse.
Il popolo di Napoli, affascinato e grato per il dono della sua musica, decise di tributare omaggio alla sirena inviandole sette fanciulle che portavano con sé gli ingredienti principali per la preparazione della pastiera. Questi ingredienti, farina, uova, ricotta, grano cotto, zucchero, fiori d’arancio e spezie, non erano semplici doni, ma portavano con sé un significato simbolico profondo. La farina rappresentava l’abbondanza e la prosperità, le uova simboleggiavano la fertilità e il nuovo inizio, la ricotta incarnava la ricchezza e l’abbondanza, il grano cotto rappresentava la rinascita e la rigenerazione, lo zucchero simboleggiava la dolcezza e la gioia, i fiori d’arancio portavano con sé profumi primaverili e freschezza, mentre le spezie conferivano alla pastiera il suo caratteristico aroma e rappresentavano l’esotismo delle terre lontane.
Questi sette ingredienti, offerti alla sirena Partenope, rappresentavano non solo un tributo di gratitudine per il suo meraviglioso canto, ma anche un omaggio alla ricchezza e alla complessità della cultura e della popolazione partenopea. La leggenda della sirena Partenope e della pastiera si intrecciano così in un racconto magico che celebra la bellezza della natura, la generosità del popolo e la ricchezza culturale di Napoli.
La leggenda sulla tristezza della regina Maria Teresa d’Austria
Maria Teresa d’Austria, nota per il suo contegno serio e riservato, divenne regina di Napoli dopo il matrimonio con Ferdinando II. La sua vita a corte era caratterizzata da un’aura di rigidezza e formalità, che le conferiva l’immagine di una donna severa e poco incline al divertimento. La leggenda legata alla sua risata nasce proprio da questo contesto, poiché si racconta che la regina, su sollecitazione del marito che era appassionato della pastiera napoletana, abbia finalmente assaggiato una fetta del dolce. La sua reazione, inaspettatamente positiva, la portò a sorridere, rompendo così la sua solita compostezza. Questo episodio, apparentemente banale, assunse un significato simbolico nell’immaginario popolare, diventando un aneddoto che metteva in luce il potere irresistibile della pastiera di strappare persino un sorriso alla regina più seria. Da qui nacque il detto “E magnatell ‘na risata!”, utilizzato per indicare l’effetto positivo e sorprendente che qualcosa di buono e gustoso può avere su chi è solito mostrarsi impassibile e distaccato. Questa storia contribuì a diffondere ancor di più la fama della pastiera napoletana, trasformandola da semplice dolce tradizionale a simbolo di gioia e convivialità.