Un portale a cura di Marco Ilardi

Il Fiume Sebeto tra mito amore e mistero a Napoli

Figura mitologica dorme davanti a vulcano in eruzione
Di cosa parla questo articolo
Il Sebeto è il fiume dimenticato di Napoli, nato tra mito e realtà. Un dio fluviale innamorato, un duello con il Vesuvio e una storia che continua a vivere sotto la città. Scopri dove scorreva, perché fu interrato e come i suoi segni sopravvivono ancora nei nomi di via Argine, Ponticelli e Volla.
Facebook
Twitter

Napoli è una città costruita sul mito: ogni pietra, ogni strada, ogni altura ha una storia che risuona di dei, ninfe e passioni antiche. Tra queste, una delle più affascinanti è quella del fiume Sebeto, un corso d’acqua oggi scomparso, ma un tempo vitale e venerato, che scorreva tra le colline vesuviane e il mare del golfo.

Secondo la tradizione, Sebeto non era solo un fiume, ma uno spirito, un giovane dio fluviale innamorato. La leggenda racconta che si innamorò perdutamente della ninfa Leucopetra, figlia del mare, e che per lei sfidò il vulcano Vesuvio, anch’egli suo pretendente. Il loro conflitto, una lotta eterna tra acqua e fuoco, scosse la terra fino a mutarne i confini: Vesuvio si pietrificò in montagna, Sebeto si distese nella pianura, scorrendo verso la sua amata trasformata in scogliera.
Un mito d’amore e di catastrofe, che riflette il carattere stesso di Napoli: una città sospesa tra passione e distruzione, tra la quiete del mare e la potenza del vulcano.

Il corso reale del Sebeto: il fiume dimenticato di Napoli

Dietro la leggenda si cela una realtà storica sorprendente. Il Sebeto fu realmente il principale fiume di Napoli antica. Le sue sorgenti nascevano alle pendici del Monte Somma, dove oggi sorgono Volla e Casalnuovo, per poi attraversare la pianura verso est, bagnando territori che corrispondono agli attuali quartieri di Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio, fino a sfociare nel mare tra la zona della Maddalena e l’antico porto di Partenope.

Nell’antichità, il Sebeto era fonte di vita. Riforniva di acqua i campi, alimentava mulini e fontane, e rappresentava una risorsa strategica anche per i Greci e i Romani, che ne conoscevano l’importanza militare e commerciale. Era un confine naturale, una barriera e al tempo stesso un’arteria vitale.

Quando l’acqua scomparve: la fine del Sebeto

Il destino del Sebeto cambiò con l’espansione della città. Già nel Medioevo, le sue acque cominciarono a indebolirsi, deviate da canali e bonifiche. I terremoti e le eruzioni del Vesuvio modificarono il terreno, interrando progressivamente il suo letto naturale.
Nel Seicento, del Sebeto restavano solo rivi e lagni, piccoli corsi d’acqua secondari che scorrevano tra le campagne orientali. Con il tempo, la crescita urbana e industriale cancellò quasi ogni traccia visibile del fiume. I suoi resti furono inglobati nel sistema fognario e sotterraneo di Napoli, scomparendo alla vista ma non dalla memoria.

Oggi, il Sebeto vive sotto i nostri piedi. In alcune zone, come sotto via Argine, ancora si percepiscono tracce del suo percorso sotterraneo: antichi canali di scolo, terreni più umidi, e la particolare conformazione del suolo che racconta di un passato fluviale dimenticato.

Via Argine, Ponticelli e Volla: toponimi che parlano

Molti dei nomi della Napoli orientale raccontano ancora la storia del Sebeto.

  • Via Argine ricorda l’argine che un tempo conteneva le acque del fiume. La lunga strada, oggi arteria industriale, segue grosso modo l’antico letto del Sebeto incanalato.

  • Ponticelli deriva dai numerosi piccoli ponti che attraversavano i canali derivati dal fiume, quando la zona era una distesa di campi irrigati e paludi.

  • Volla, invece, sorge proprio dove le acque del Sebeto si formavano la sorgente della Bulla : il nome stesso sembra evocare il “vuoto” o “la conca”, un territorio di raccolta idrica naturale.

Ogni toponimo è una finestra su un tempo in cui Napoli non era ancora solo mare e pietra, ma anche acqua dolce, vegetazione e terra fertile.

Dove il Sebeto è ancora visibile?

Anche se non più un fiume a cielo aperto, il Sebeto non è del tutto scomparso. Alcuni tratti del suo antico alveo affiorano ancora in certe zone periferiche di Volla e Ponticelli, soprattutto dopo forti piogge, quando il terreno si riempie d’acqua come se un respiro sotterraneo riaffiorasse dal passato.

Nel centro storico, la memoria del Sebeto sopravvive nella Fontana del Sebeto, opera seicentesca che rappresenta il dio fluviale sdraiato, con un’anfora da cui sgorga l’acqua. È un simbolo della città che rende omaggio al fiume come entità mitologica, spirituale e naturale insieme.

Dove sfociava il fiume Sebeto?

Il fiume Sebeto ad un certo punto si ramificava in due parti una parte sfociava verso il ponte della Maddalena ed un altro ramo tra piazza Municipio e Santa Lucia.

Il mito come specchio della città

Il mito di Sebeto e Vesuvio è più di una leggenda d’amore: è la rappresentazione poetica dell’anima napoletana.
L’acqua e il fuoco, elementi opposti e inseparabili, incarnano le forze che hanno modellato Napoli per millenni. Il fiume Sebeto simboleggia la vitalità nascosta, quella linfa che scorre invisibile sotto la città, mentre il Vesuvio incarna la forza creatrice e distruttrice, visibile e temuta.
Insieme raccontano la doppia natura di Napoli: la città che vive sospesa tra la vita e la leggenda, tra la terra e il mare, tra ciò che si vede e ciò che si intuisce.

Napoli e il suo fiume invisibile

Oggi, parlare del Sebeto significa recuperare una parte della memoria profonda della città. Le sue acque non scorrono più in superficie, ma la loro presenza continua a influenzare il territorio. Gli esperti di idrogeologia urbana ritengono che l’antico alveo del Sebeto sia ancora attivo nel sottosuolo, contribuendo al sistema delle falde e talvolta ai fenomeni di allagamento nelle zone orientali.
È come se il fiume non volesse morire: si è nascosto, ma continua a parlare a chi sa ascoltare.

Il Sebeto come simbolo identitario

Per Napoli, il Sebeto è una radice invisibile. È l’emblema della città sotterranea, della memoria che resiste sotto il cemento. È anche una metafora di rinascita: un fiume che nonostante tutto continua a scorrere, anche se il mondo in superficie lo ha dimenticato.
Riscoprire il Sebeto significa riconnettersi a un passato fatto di natura e di miti, di acqua e di pietra, e ritrovare un legame profondo con la terra che ha dato origine a una delle città più antiche e affascinanti del Mediterraneo.

© RIPRODUZIONE VIETATA

È vietato che l’ articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito.
Per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in questo sito, anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale, è sempre obbligatoria l’indicazione della fonte e/o l’inserimento di un link diretto alla pagina di riferimento.

Altri articoli che potrebbero interessarti