Oggi vi parlo di uno dei miei miti che resterà per sempre nel mio cuore Diego Armando Maradona, il dio del calcio che ha scelto Napoli.
Non ho mai avuto l’onore di conoscere Diego Armando Maradona. Eppure, in un certo senso, è come se lo conoscessi da sempre. Per chi è nato a Napoli o ha vissuto questo territorio, Maradona non è mai stato soltanto un calciatore. Era, ed è ancora, un simbolo. Un’icona. Un’energia collettiva.
Ricordo che suo fratello, Hugo Maradona, viveva a Bacoli con sua moglie Paola. Era un amico. Una persona semplice, umile, generosa. Lo conobbi in Cumana in quanto all’epoca avevo l’ufficio a Fuorigrotta a Viale Augusto e lui allenava la scuola calcio Guido Keller e prendevamo lo stesso treno la sera per rientrare a casa. Di lui conservo tanti ricordi, chiacchierate e aneddoti che oggi sembrano ancora più preziosi. Mi mandava sempre un video al mio compleanno che custodisco gelosamente. Purtroppo, Diego no. Non ho mai potuto guardarlo negli occhi. Ma come tutti, a Napoli, l’ho sentito sempre vicino. Come se fosse uno di famiglia.
La biografia: il ragazzo di Villa Fiorito
Diego Armando Maradona nasce il 30 ottobre 1960 a Lanús, nella provincia di Buenos Aires, e cresce nella periferia più povera, a Villa Fiorito. La famiglia è numerosa e il contesto sociale è quello di una periferia argentina segnata da disoccupazione e baraccopoli. Diego cresce a pane e pallone, con un talento fuori scala che si manifesta da subito. A 9 anni viene scoperto dagli osservatori dell’Argentinos Juniors e il resto è una corsa inarrestabile verso la leggenda.
Perché Maradona era così forte?
Nonostante non fosse dotato di un fisico imponente secondo i canoni atletici tradizionali, Diego Armando Maradona ha saputo trasformare le sue caratteristiche corporee in un’arma letale sui campi da gioco. Alto appena 165 centimetri e con un peso forma intorno ai 70 chilogrammi, Maradona possedeva un baricentro basso che gli garantiva una straordinaria stabilità e un controllo di palla fuori dal comune, anche in mezzo a contrasti duri. Le sue gambe muscolose e compatte gli permettevano cambi di direzione rapidissimi, accelerazioni brucianti e dribbling fulminei. Il suo fisico tarchiato, lontano dallo stereotipo dell’atleta longilineo, diventava paradossalmente perfetto per dominare in un’epoca in cui il gioco era molto più fisico e meno protetto rispetto al calcio moderno. A ciò si univa una resistenza notevole e una forza mentale in grado di sopportare pressioni sovrumane, rendendolo un’icona non solo per il talento, ma anche per la determinazione con cui affrontava ogni partita.
L’ascesa nel calcio mondiale
Debutta tra i professionisti nel 1976, a soli 15 anni. Le sue qualità tecniche, la visione di gioco, la rapidità e quel piede sinistro che sembra una bacchetta magica, attirano subito l’attenzione internazionale. Dopo una brillante esperienza con il Boca Juniors, nel 1982 si trasferisce in Europa, al Barcellona. È il palcoscenico che si addice al suo talento, ma anche un ambiente difficile. L’infortunio brutale subito in campo da Goikoetxea che poi si dichiarò pentito del gesto , i problemi di ambientamento, la pressione dei media: Maradona non è ancora nel posto giusto.
Napoli: la consacrazione
Nel 1984 arriva la svolta che nessuno avrebbe potuto immaginare: Maradona sceglie Napoli. Una città del sud Italia, lontana dai grandi club europei dell’epoca. Una scelta che, con il senno di poi, appare quasi mistica.
Ricordo ancora quella trattativa di cui ho parlato anche nel mio ultimo libro Quando il mondo era senza Wifi.
All’epoca non c’erano i media che ci sono adesso, i social. Per avere una notizia aggiornata dovevi aspettare il Corriere dello Sport del giorno dopo o una trasmissione sportiva.
Ogni giorno le notizie erano contraddittorie: un giorno veniva un giorno no. Conservo ancora quel giornale ed in cuor mio già sapevo che finalmente avremmo vinto uno scudetto.
In un San Paolo gremito all’inverosimile, Diego si presenta come il salvatore. Non delude.
Tra il 1984 e il 1991 Maradona vive il suo periodo più luminoso. Vince due Scudetti (1987, 1990), una Coppa Italia (1987), una Supercoppa Italiana (1990) e soprattutto la Coppa UEFA nel 1989, unico trofeo europeo nella storia della società partenopea. La città impazzisce per lui. Diego diventa il volto del riscatto, della speranza, della gloria possibile.
Vi racconto un aneddoto: a quei tempi quando andavo allo stadio non guardavo la partita guardavo solo lui dal momento in cui entravo in Curva A (stavo in mezzo ai KAOS) fino a quando andavo via.
Trofei e numeri da leggenda
Nel corso della sua carriera, Diego Armando Maradona ha collezionato trionfi individuali e collettivi:
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Campione del Mondo con l’Argentina nel 1986, protagonista assoluto con il celebre “Gol del secolo” e la famigerata “Mano de Diòs” contro l’Inghilterra.
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Due volte campione d’Italia con il Napoli nel 1986-87 e nel 1989-90
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Vincitore del Pallone d’Oro alla carriera nel 1995 (poiché durante la sua attività, i non europei non potevano riceverlo).
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Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano.
Ha giocato oltre 680 partite ufficiali, segnando più di 300 gol, molti dei quali scolpiti nella memoria collettiva.
Le ombre: cadute, eccessi e la fine
La sua vita è stata segnata anche da fragilità umane e vicende tormentate. I problemi con la droga, le squalifiche, gli scandali legati alla camorra, i debiti col fisco. Maradona era genio e sregolatezza, luce e ombra.
Per chi non l’ha conosciuto bene era un buono, faceva di nascosto tanta beneficenza e dai tifosi delle squadre del nord gelosi del fatto che non abbia giocato nel Milan Inter o Juventus viene indicato solo come un drogato.
È morto il 25 novembre 2020 a Tigre, in Argentina, per un arresto cardiaco dovuto a complicanze successive a un intervento alla testa. Aveva 60 anni. La notizia ha fatto il giro del mondo, e Napoli ha pianto come si piange un fratello. Attualmente è in corso un processo contro le persone che lo hanno curato o almeno avrebbero dovuto farlo e la sua guardia del corpo per omicidio colposo.
Diego allenatore e padre
Dopo il ritiro, Maradona ha allenato diverse squadre, tra cui la nazionale argentina (2008–2010), l’Al Wasl negli Emirati Arabi, e club in Messico e Argentina. Quando allenò in Messico fecero pure una serie televisiva che ho visto in TV. Ma non ha mai replicato in panchina il genio che aveva in campo. Molti lo avrebbero voluto sulla panchina del Napoli come allenatore, io invece sono contento che non sia mai successo. Questa cosa avrebbe potuto appannarne il mito.
Dal punto di vista personale, Diego ha avuto diversi figli, alcuni riconosciuti solo dopo lunghi contenziosi legali. Tra questi Diego Armando Maradona Junior, nato a Napoli, frutto di una relazione con Cristiana Sinagra, è oggi allenatore ed ex calciatore. Dopo la sua morte ne sono comparsi anche altri tutto per via dell’eredità un patrimonio di circa 500 milioni di dollari. Oltre ai cinque figli legittimi ci sarebbero infatti altri quattro ragazzi cubani che potrebbero chiedere di essere riconosciuti come figli di Maradona.
All’inizio Diego non riconobbe il figlio napoletano avuto con Cristiana Sinagra e ci rimasi molto male dal punto di vista umano ma per fortuna negli ultimi anni per insistenza soprattutto di Diego jr si sono riappacificati e riuniti e la cosa mi fece molto piacere.
Maradona Junior è alto 1.76, molto simile al padre nei tratti somatici, ma con una vita sportiva e personale molto più riservata. Ha giocato molto a beach soccer anche nel Napoli dove ha vinto uno scudetto. Adesso fa l’allenatore dell’Ibarra, la squadra di calcio di Tenerife in Spagna. Con lui, il legame con Napoli ha trovato una seconda generazione.
Diego a Napoli oggi: un culto laico
A Napoli, Maradona non è mai andato via. Vive nei murales di Quartieri Spagnoli, dove uno in particolare — quello realizzato da Mario Filardi nel 1990 e poi restaurato — è diventato luogo di pellegrinaggio. Vive nei cori allo stadio, nei poster, nelle magliette azzurre numero 10 che ancora si vendono sulle bancarelle e che tanti tifosi indossano con orgoglio. Vive nei nomi dei bambini, nei tatuaggi, nelle canzoni scritte per lui.
Tra le più famose:
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Ho visto Maradona dei tifosi napoletani coro tipico della Curva B nei tempi d’oro. Faceva così:
Oh mamma mamma mamma
Oh mamma mamma mamma
sai perché mi batte il corazon?
Ho visto Maradona
Ho visto Maradona
eh, mamma’, innamorato son
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La mano de Dios di Rodrigo, una bellissima canzone che ripercorre tutti i suoi sogni da bambino al successo alla sconfitta della droga, celebre in Argentina che vi suono in questo video sul mio profilo Tik Tok
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Maradona è meglio e Pelè che uscì quasi subito appena arrivò a Napoli e diventò un tormentone
Maradona e’ meglio ‘e Pele’
ci hanno fatto ‘o mazz’ tant pe ‘ll ave’!
Maradona facce sunna’,
nu scudetto puortancill’ ‘a parte ‘e cca’…
Dal 2020 lo Stadio San Paolo porta il suo nome: Stadio Diego Armando Maradona, un atto simbolico e definitivo che consacra l’unione tra il campione e la città.
Un’eredità che va oltre il calcio
Maradona è stato molto più di un calciatore. È stato l’incarnazione delle contraddizioni del Sud, della forza di rialzarsi, della bellezza imperfetta. Il nostro Che Guevara. Napoli lo ha accolto come uno dei suoi figli migliori, riconoscendosi in lui anche nei momenti più difficili.
Chi passa oggi da via Scipione Capece dove abitava, per Piazzetta Nilo dove si conserva il famoso capello, per via Emanuele De Deo ai Quartieri Spagnoli dove c’è il murales ed il museo a cielo aperto lo capisce subito: Maradona è ovunque. Nei poster incorniciati, nei balconi, nei bar, nei racconti dei tassisti. È una parte integrante dell’identità urbana di Napoli e lo sarà per sempre.
Un santo laico con la maglia numero 10.
Grazie Diego.