L’espressione “Manna accattà ‘o tozzabancone e ‘o pepe” è una frase napoletana che, pur apparendo come un semplice modo di dire, porta con sé una storia profonda legata alla cultura popolare e alle abitudini di una Napoli di altri tempi. Questo detto, che può sembrare curioso o bizzarro a chi non conosce le tradizioni partenopee, è un perfetto esempio del modo in cui la lingua e il folklore si intrecciano per tramandare significati, ricordi e ironia.
Origini del detto: un viaggio nel passato
Per capire appieno il significato del termine “tozzabancone” e perché fosse usato per “mandare a comprare” qualcosa di inesistente, dobbiamo tornare indietro nel tempo, alla Napoli del Dopoguerra. All’epoca, molte famiglie vivevano in condizioni di estrema povertà e le case erano spesso gremite di figli, che rappresentavano sia una forza-lavoro che una gioia ineguagliabile, ma anche una presenza costante. La necessità di ritagliarsi momenti di intimità tra marito e moglie spingeva i genitori a trovare scuse per allontanare i figli per qualche ora.
Il “tozzabancone” era una scusa perfetta: i genitori mandavano i bambini a comprare qualcosa che in realtà non esisteva. Il salumiere, macellaio o bottegaio di turno, già in accordo con i genitori, accoglieva i piccoli con storie, racconti o, se la giornata lo permetteva, con qualche dolciume da offrire. Così, mentre i ragazzi venivano intrattenuti, i genitori potevano godersi momenti di tranquillità e intimità. Questa espressione è un esempio di come l’ingegno popolare si adattasse alle esigenze del quotidiano, creando situazioni ironiche e comiche che restano nel cuore e nel linguaggio di generazioni.
Il significato moderno del “Tozzabancone”
Oggi, “mandare a comprare il tozzabancone” ha perso gran parte del suo significato letterale, acquisendo invece una connotazione diversa. Usata in modo figurato, l’espressione serve per liberarsi di una persona che in quel momento viene considerata fastidiosa o di troppo. Non è raro sentire un napoletano ironizzare su un ospite sgradito dicendo: “Mannàmmelo a accattà ‘o tozzabancone”, come a dire “allontaniamolo per un po’”.
Questo uso moderno è ancora radicato nell’idea di allontanare qualcuno con una scusa poco credibile, un modo simpatico e ironico per sottolineare quanto una presenza possa risultare non gradita in quel determinato momento.
Un detto ricco di ironia e doppio senso
Oltre al significato più “pratico” e storico, l’espressione “tozzabancone” ha anche un risvolto legato all’ironia e all’umorismo napoletano, sempre pronti a “supercazzolare” in stile locale. La figura del salumiere complice che finge di assecondare il piccolo cliente con richieste impossibili rappresenta il gusto per la battuta e lo scherzo tipico del popolo partenopeo.
L’etimologia stessa del termine porta con sé una certa ambiguità. “Tozzare il bancone” – urtare o battere con la testa il banco del negoziante – evoca un’immagine comica e quasi caricaturale di un cliente inconsapevole mandato a compiere un’impresa senza senso. Questo ulteriore significato scherzoso è un esempio perfetto dell’arguzia e dell’autoironia del popolo napoletano, capaci di creare situazioni umoristiche anche nelle difficoltà.
Il “Casaduoglio”: un altro modo di dire ingegnoso
Nel contesto della cultura popolare napoletana, non possiamo non citare anche un’altra espressione famosa, il “casaduoglio”. Il termine si rifà all’idea di una misteriosa “casa dell’olio” o “casetta dell’olio”, che a Napoli è sempre stato simbolo di un’azione inutile, di uno scopo senza senso. L’espressione “accattà ‘o casaduoglio” veniva utilizzata allo stesso modo del “tozzabancone”: un espediente per mandare qualcuno lontano, solitamente per liberarsene, o anche solo per prendersi gioco di un individuo un po’ ingenuo.
In effetti, il “casaduoglio” non è mai esistito come luogo o oggetto concreto. Mandare qualcuno a comprarlo o a cercarlo era un pretesto per allontanarlo con un incarico senza senso, e spesso chi lo riceveva capiva soltanto troppo tardi di essere stato oggetto di uno scherzo ben orchestrato.
Come per il “tozzabancone”, l’idea era quella di intrattenere la persona fuori casa per un po’ di tempo. L’espressione è legata alla creatività linguistica del popolo napoletano, capace di trasformare anche una semplice frase in un motivo di umorismo e, allo stesso tempo, di narrazione collettiva. Chi veniva mandato a cercare il casaduoglio poteva tornare a casa dopo aver vagato per i negozi del quartiere, scoprendo soltanto alla fine l’inconsistenza della missione.
“Tozzabancone” e “Casaduoglio”: due facce della stessa moneta
Sia il “tozzabancone” che il “casaduoglio” rappresentano al meglio la vivacità culturale della Napoli di altri tempi, un luogo dove l’ingegno era necessario per affrontare la quotidianità, e dove l’ironia diventava una strategia di sopravvivenza e di divertimento. Entrambi i detti napoletani, oggi usati per scherzare o liberarsi di una persona in modo bonario, testimoniano il desiderio del popolo napoletano di affrontare le difficoltà con il sorriso sulle labbra.
Le storie legate al tozzabancone e al casaduoglio continuano a far parte del lessico familiare e dei modi di dire della città, come un lascito di quei tempi in cui con poco si riusciva a creare situazioni divertenti e, perché no, a far nascere anche un po’ di magia nella vita di tutti i giorni.
Il tozzabancone biscotto all’amarena
In alcuni casi anche il classico biscotto all’amarena che si trova in pasticceria a Napoli lo chiamano tozzabancone.
Un altro aspetto curioso e interessante del termine “tozzabancone” infatti è il suo utilizzo nel mondo della pasticceria napoletana. In alcune pasticcerie di Napoli, il termine “tozzabancone” viene utilizzato per riferirsi al classico biscotto all’amarena, una delizia tradizionale tipica della cucina partenopea.
Il biscotto all’amarena è un dolce iconico di Napoli, solitamente preparato utilizzando ritagli di altre preparazioni dolciarie mescolati con confettura di amarene e poi avvolti in una sottile sfoglia di frolla. Questo dolce rappresenta perfettamente la capacità dei napoletani di non sprecare nulla e di valorizzare ogni ingrediente, anche quando apparentemente di recupero.
Il nome “tozzabancone”, quando utilizzato per il biscotto all’amarena, può richiamare il concetto di qualcosa di semplice, magari non di alta raffinatezza, ma comunque gustoso e autentico, proprio come l’essenza della cultura popolare napoletana. È un esempio di come il linguaggio e la cultura culinaria si incontrano, creando legami tra il folklore e il quotidiano, anche attraverso un semplice dolce da forno.
“Tozzabancone” oggi: dal folklore alla modernità
Oggi l’espressione è ancora usata, a volte in tono affettuoso, per scherzare con amici o parenti. Ha mantenuto la sua doppia natura, quella di liberare qualcuno di fastidioso e quella di una supercazzola partenopea. Non stupisce quindi che l’espressione sia diventata persino il nome di un podcast campano dedicato ai personaggi mitici dello spettacolo locale, confermando la vivacità e la versatilità di un termine che, a distanza di decenni, riesce ancora a far sorridere e riflettere.
C’ anche un podcast di Telecapri che è stato chiamato con questo simpatico termine per la rubrica Operazione Nostalgia.
Conclusione
Scrivere del “tozzabancone” e del “casaduoglio” non è solo raccontare aneddoti linguistici, ma è un’opportunità per far rivivere un pezzo di cultura e memoria napoletana.
Ogni volta che sentiamo queste espressioni, ci connettiamo con una tradizione che porta con sé ironia, ingegno e l’arte di arrangiarsi, elementi caratteristici di una città unica al mondo come Napoli.