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Un portale a cura di Marco Ilardi

Casatiello Napoletano storia, tradizione e segreti

Fiera gastronomica con dolci tradizionali italiani
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Pasqua si avvicina e non potevo non fare un articolo a proposito del mio rustico preferito che solo a nominare mi fa venire l’acquolina in bocca: il casatiello.

Che cos’è il casatiello?

Il casatiello è una torta salata a forma di ciambella, arricchita da formaggi, salumi e uova, è un simbolo della tradizione partenopea legata alle festività pasquali. La sua storia affonda le radici nei secoli passati, e ancora oggi il casatiello rappresenta un rituale immancabile sulle tavole campane tra il Sabato Santo e Pasquetta. In questo articolo scopriremo l’etimologia del termine casatiello e il significato del detto napoletano “’nu casatiello”, ripercorreremo le origini e lo sviluppo storico di questa specialità, chiariremo la differenza tra casatiello e tortano, presenteremo la ricetta originale napoletana con i trucchi della nonna e vedremo le varianti moderne (incluso il casatiello senza strutto per vegetariani o intolleranti). Infine, dedicheremo uno sguardo a Casatiè di Andrea Petrone a Sant’Arpino, un’azienda che ha fatto del casatiello un’eccellenza locale, legando qualità del prodotto e territorio.

Da cosa deriva il termine “casatiello” e significato nel dialetto napoletano

Il nome casatiello deriva quasi certamente dal latino caseus (“cacio”), passato attraverso la forma dialettale caso che significa appunto formaggio​

In origine, dunque, la parola indicava un “pane al formaggio”, in riferimento alla notevole quantità di formaggi utilizzati nell’impasto e nel ripieno​

Si può dire infatti che il casatiello sia “’o pane cacciato”, ovvero un pane arricchito di cacio e altre bontà. Col tempo, quella che era nata forse come una focaccia al formaggio si è evoluta in una preparazione molto più ricca, ma il nome ne conserva la traccia originaria.

Si proprio ‘nu Casatiello: la tradizione di Pasqua a Napoli

In napoletano il termine casatiello ha assunto anche un significato figurato nel linguaggio popolare. Non è raro sentire l’espressione “è proprio ’nu casatiello” riferita a una situazione particolarmente ingarbugliata e difficile, oppure a una persona pesante e noiosa nei modi​

In questo senso ironico, dare del “casatiello” a qualcuno equivale bonariamente a dire che è un pasticcio o un “mattone”, proprio come il rustico omonimo che è notoriamente sostanzioso e carico di ingredienti. Si tratta di un’espressione colorita che testimonia come il casatiello sia entrato a pieno titolo nell’immaginario collettivo partenopeo, non solo come cibo ma anche come metafora del quotidiano.

La storia del casatiello: origini, simbologia e tradizione partenopea

Le origini del casatiello affondano nelle tradizioni antiche della Campania. L’idea di arricchire un impasto di pane con formaggi, carne e altri ingredienti risale infatti a usanze molto remote: già in epoca classica, durante la colonizzazione greca della Campania, erano diffusi pani farciti e focacce sostanziose preparate dai coloni ellenici, famosi per l’arte bianca​

È probabile che il casatiello odierno sia l’evoluzione di queste antiche torte rustiche, inizialmente più semplici e poi arricchite nel corso dei secoli. Anche la simbologia cristiana ha giocato un ruolo nella codifica di questa pietanza tradizionale: la forma a ciambella richiama da un lato la ciclicità della vita e l’eternità (un anello senza inizio né fine), dall’altro può simboleggiare la corona di spine posta sul capo di Cristo; le uova intere incastonate sulla superficie rappresentano chiaramente la rinascita e la resurrezione, mentre le striscioline di pasta che le bloccano formano una croce​

Perfino l’abbondante uso di formaggio pecorino nel ripieno è stato letto da alcuni in chiave allegorica, associandolo al “gregge” (i fedeli) spesso citato nei richiami evangelici​

Più concretamente, la ricchezza di ingredienti calorici come lo strutto e i salumi di maiale riflette la volontà di celebrare la fine dei digiuni quaresimali con un tripudio di sapori e grassi, in analogia con i rituali primaverili di rinascita della natura​

Il casatiello, così come lo conosciamo, era già presente sulle tavole napoletane almeno dal Seicento. Ce lo conferma Giambattista Basile, che nella fiaba La Gatta Cenerentola del suo Cunto de li cunti (1634) cita esplicitamente “pastiere e casatielle” imbandite durante un sontuoso banchetto reale​

Si tratta di una testimonianza preziosa: già nel XVII secolo pastiera e casatiello vengono menzionati insieme come preparazioni pasquali imprescindibili, segno che la tradizione era ben radicata. Nei secoli successivi, il casatiello continua a comparire in documenti e dizionari dialettali: nell’Ottocento viene definito come “pane condito con sugna, pepe, avvolto in forma di grossa ciambella”, descrizione che corrisponde perfettamente alla versione classica che ancora oggi conosciamo​

Un’illustrazione del 1866 ad opera di Francesco De Bourcard, nei suoi “Usi e costumi di Napoli”, mostra contadini intenti a preparare il casatiello, a dimostrazione di quanto fosse diffuso anche nel folclore popolare partenopeo del XIX secolo.

Il casatiello nella tradizione pasquale napoletana

Oggi il casatiello è indissolubilmente legato alle celebrazioni di Pasqua in Campania. Tradizionalmente la sua preparazione iniziava verso la fine della Settimana Santa: molte famiglie usavano impastarlo il Venerdì Santo (o al più tardi il Sabato mattina) per lasciarlo lievitare durante la notte e cuocerlo la mattina del Sabato Santo​

C’è un famoso detto napoletano che recita: “Gloria sunanno, casatiello fumanno” – ovvero “suonano la Gloria (la campana della Resurrezione), esce fumante il casatiello dal forno” – a indicare che allo scoccare della mezzanotte tra il Sabato e la Domenica di Pasqua i forni casalinghi restituivano questo pane ricco appena cotto​

Il casatiello infatti si inizia a consumare già nel giorno del Sabato Santo, appena termina il periodo di digiuno quaresimale, ed è protagonista del pranzo pasquale e delle scampagnate di Pasquetta. Non esiste tavola partenopea di Pasqua senza il casatiello accanto alla pastiera: “casatiello e pastiera vanno a braccetto”, si usa dire, perché rappresentano il binomio inscindibile di salato e dolce della tradizione gastronomica di questa festa​

Nel passato era comune preparare molti casatielli in casa e portarli a cuocere nel forno del panettiere o nelle masserie dotate di forno a legna, soprattutto nei paesi: la condivisione del forno era un momento di socialità, con interi quartieri inebriati dallo stesso profumo. Ancora oggi, nelle famiglie campane si tramandano gelosamente le ricette del vero casatiello napoletano, e ogni nonna ha i suoi piccoli segreti. Ma al di là delle varianti familiari, l’essenza non cambia: il casatiello incarna lo spirito di abbondanza, convivialità e devozione popolare della Pasqua napoletana, un rito collettivo che unisce il gusto alla spiritualità e alla festa.

Differenza tra casatiello e tortano

Casatiello e tortano sono due termini spesso confusi, perché indicano preparazioni simili e strettamente imparentate. In effetti, si tratta di due varianti della tradizione dei rustici pasquali campani, basate sul medesimo impasto e con identico ripieno; a cambiare è principalmente la gestione delle uova​

Visivamente, il casatiello si riconosce subito per le uova intere incastonate sulla superficie, bloccate da striscioline di impasto incrociate a mo’ di croce.

Un casatiello napoletano con le caratteristiche uova decorative sulla cima. Nel tortano, invece, le uova non compaiono all’esterno: vengono utilizzate sode, sgusciate, tagliate a spicchi o a pezzetti e inserite direttamente nel ripieno, mescolate con gli altri ingredienti prima della formatura​.

In pratica, il tortano è privo delle uova in guscio sopra la ciambella, che sono invece la “firma” estetica del casatiello tradizionale.

Questa differenza comporta che il casatiello abbia un aspetto più scenografico e simbolico (le uova sulla superficie decorano il pane e richiamano i significati pasquali), mentre il tortano risulta più semplice esternamente, simile a un pane ripieno chiuso. A livello di sapore, le due preparazioni sono molto affini, avendo entrambe un impasto saporito di pane, strutto e pepe, e un ripieno generoso di formaggi e salumi. Vale la pena notare che il tortano è considerato dagli storici della cucina l’antenato diretto del casatiello: ricette di tortano (talvolta chiamato turtano o tortanello in dialetto) erano diffuse da prima, e si ritiene che il casatiello con le uova sopra sia un’evoluzione relativamente più recente, affermatasi negli ultimi secoli​

Oggi entrambe le versioni sono amate e preparate, ma il casatiello, proprio grazie a quelle uova decorative, ha guadagnato una fama più ampia ed è diventato il simbolo per eccellenza del rustico pasquale napoletano.

La ricetta originale del casatiello napoletano e i trucchi della nonna

La ricetta del casatiello napoletano originale richiede ingredienti semplici ma scelti con cura, e tempi lunghi di lavorazione e attesa. L’impasto di base si prepara con farina, acqua, lievito (meglio se lievito madre o in alternativa lievito di birra), strutto e un pizzico di sale, con l’aggiunta abbondante di pepe nero che caratterizza il sapore del casatiello​

Questo impasto, opportunamente lavorato fino a risultare liscio ed elastico, va fatto lievitare senza fretta in un luogo riparato. Uno dei trucchi della nonna per ottenere un casatiello soffice e fragrante è utilizzare pochissimo lievito e lasciar lievitare l’impasto a lungo, anche tutta la notte, in modo che maturi lentamente​

Le nonne napoletane tradizionali spesso impastavano il casatiello la sera del Giovedì Santo, proprio per avere il tempo di farlo crescere e poi riposare: si dice che preparandolo con due o tre giorni di anticipo e consumandolo la domenica, il sapore ne guadagni, perché tutti gli aromi si assestano e si amalgamano alla perfezione​

Insomma, la parola d’ordine è pazienza: il casatiello è un dono che richiede tempo, ma ripaga con un gusto impareggiabile.

Vediamo in sintesi come avviene la preparazione tradizionale. Dopo la prima lievitazione dell’impasto (che può durare 2-3 ore, oppure 8-12 ore se si è usato pochissimo lievito), si stende la pasta sul tavolo infarinato in forma di rettangolo spesso circa 1 cm. A questo punto si distribuisce su tutta la sfoglia il ripieno “di sostanza”: una quantità generosa di formaggi e salumi misti. Gli ingredienti classici prevedono provolone piccante a cubetti, pecorino stagionato grattugiato, salame Napoli a pezzetti e ciccioli di maiale (in dialetto ‘e cicoli) sparsi sull’impasto​

In alcune ricette di famiglia compaiono anche altri insaccati locali (come prosciutto, coppa o pancetta) e uova sode a spicchi all’interno, ma la versione base resta quella con salame e ciccioli, che garantiscono al casatiello il suo sapore caratteristico. Farcita la sfoglia, si arrotola strettamente su sé stessa dal lato lungo, formando un rotolo compatto. Si uniscono poi le estremità del rotolo per formare una ciambella e la si adagia in un ruoto (teglia circolare alta, tipicamente di alluminio) ben unto di strutto. Prima della seconda lievitazione, arriva il momento di aggiungere le uova caratteristiche: si prendono 3-5 uova intere crude (precedentemente lavate) e si posizionano a intervalli regolari sulla superficie dell’impasto già a forma di ciambella. Con alcuni ritagli di pasta tenuti da parte si formano delle strisce che vanno posizionate a croce su ogni uovo, fissandole alle estremità nell’impasto sottostante, in modo da “ingabbiare” ciascun uovo nel suo piccolo cestino di pasta​

Questa decorazione tradizionale ha sia una funzione pratica (le uova restano al loro posto durante la cottura) sia un forte valore simbolico, come abbiamo visto.

Lasciato lievitare ancora il tempo necessario perché aumenti di volume (di solito un’altra ora almeno), il casatiello è pronto per essere infornato. La cottura avviene in forno statico a temperatura moderata (circa 170-180 °C) e richiede almeno un’ora: il casatiello è pronto quando la superficie è ben dorata, le uova cotte e il profumo inonda la cucina. A fine cottura, si lascia intiepidire leggermente nella teglia e poi si sforma. Tradizione vuole che si assaggi il primo pezzetto già durante la notte di Pasqua, ma il casatiello è ottimo anche freddo e si conserva per diversi giorni rimanendo saporito. Anzi, come accennato, molti sostengono che dopo 24-48 ore sia ancora più buono, perché i sapori di formaggi, salumi e pepe si sono amalgamati bene nell’impasto arricchito di sugna. Se avete seguito tutti i passaggi con calma e dedizione, il risultato sarà un casatiello degno della migliore nonna napoletana: una ciambella rustica soffice all’interno, con la crosta saporita di strutto, punteggiata dai cubetti di salume e formaggio sciolto, e con quelle uova decorative pronte da sgusciare e gustare insieme al pane. Un trionfo di gusto rustico che racconta storie di famiglia e tradizione.

Varianti moderne del casatiello: dal “senza strutto” alle versioni vegetariane

Pur restando una ricetta fortemente legata alla tradizione, il casatiello si presta anche a reinterpretazioni moderne dettate sia dal gusto sia da esigenze dietetiche. La variante più comune è il casatiello senza strutto, pensata per chi non può o non vuole utilizzare grassi animali. In questo caso lo strutto (sugna) viene sostituito con olio extravergine d’oliva nell’impasto, ottenendo un casatiello più leggero ma comunque saporito: farina, acqua, lievito, pepe e olio EVO al posto della sugna, con lo stesso ripieno di salumi e formaggi​

Il risultato, a detta di chi lo prepara, è una ciambella rustica morbida al morso e profumata, certo un po’ meno “untuosa” del classico ma pur sempre gustosa. Alcuni utilizzano anche il burro al posto dello strutto, ma l’olio d’oliva resta l’alternativa preferita perché richiama un ingrediente tipico della dieta mediterranea. Va detto che i puristi difficilmente rinunciano allo strutto, insostituibile per conferire quella friabilità e aroma particolare al casatiello tradizionale; tuttavia, la versione all’olio è un ottimo compromesso per rendere la ricetta adatta ai vegetariani (che escludono i derivati del maiale) o a chi ha problemi con i grassi animali.

Un altro adattamento molto diffuso è il casatiello vegetariano, ottenuto eliminando dal ripieno i salumi e sostituendoli con altre delizie. In questo caso, per non lesinare sul gusto, si possono aggiungere verdure saporite tipiche campane: c’è ad esempio chi arricchisce l’interno con friarielli (broccoli di rapa) saltati e provola, oppure con melanzane a funghetto, peperoni arrostiti, zucchine o carciofi, creando varianti colorate e sfiziose​

I formaggi naturalmente restano protagonisti (si può aumentare la dose di provolone, aggiungere scamorza affumicata, ecc.) e le uova sulla superficie si mantengono come da tradizione, quindi il risultato finale è un casatiello “verde” ma sempre riconoscibile. Per chi invece segue una dieta completamente vegana (escludendo tutti i prodotti di origine animale), esistono reinterpretazioni del casatiello senza strutto, senza salumi, senza formaggi e senza uova: in pratica un pane condito solo con olio e magari verdure. Chiaramente è una versione molto distante dall’originale, ma alcuni chef creativi si sono cimentati nel creare rustici ispirati al casatiello adatti anche ai vegani, ad esempio usando formaggi vegetali, affettati di seitan e uova finte di pasta di pane come decorazione. Si tratta più che altro di sperimentazioni che testimoniano quanto questa ricetta sia amata e reinventata per includere davvero tutti.

Oltre alle modifiche sugli ingredienti, esistono varianti creative nella forma e nella presentazione: c’è chi realizza mini-casatielli monoporzione da servire come antipasto, chi intreccia l’impasto formando una treccia ripiena (treccia di casatiello), o chi aggiunge spezie ed erbe aromatiche per dare un tocco personale (ad esempio finocchietto selvatico nell’impasto, oppure curcuma per colorare la pasta). Negli ultimi anni alcuni pasticcieri e pizzaioli hanno proposto persino versioni “gourmet” del casatiello, utilizzando ingredienti DOP di altissima qualità, lievito madre a lunga fermentazione e accostamenti innovativi (come formaggi erborinati, pistacchio, ecc.). Pur con queste variazioni sul tema, il casatiello conserva la sua anima di piatto conviviale: qualunque sia la versione, vederlo arrivare a tavola evoca immediatamente un’atmosfera di festa e tradizione condivisa.

Casatiè di Andrea Petrone: il casatiello tra qualità artigianale e territorio

marco ilardi ed andrea petrone di casatie casatiello napoletano

In provincia di Caserta, e precisamente a Sant’Arpino nell’area atellana, c’è chi ha fatto del casatiello non solo una tradizione di famiglia ma un vero e proprio fiore all’occhiello gastronomico locale. Parliamo di Casatiè Petrone 1960, l’azienda artigianale fondata dalla famiglia Petrone e oggi guidata dal mio amico Andrea Petrone, che da oltre sessant’anni produce casatielli secondo l’autentica ricetta napoletana tramandata di generazione in generazione​.

Il nome “Casatiè” richiama in dialetto proprio il casatiello, e questa realtà è diventata un punto di riferimento per chi cerca il vero casatiello tradizionale nel rispetto della qualità e del territorio.

“I nostri casatielli sono lavorati a mano secondo l’antica ricetta tramandata e custodita dalla mia famiglia, utilizzando solo ingredienti di primissima scelta”, racconta spesso Andrea Petrone a chi visita il suo laboratorio. In effetti, entrando nel punto vendita di Casatiè a Sant’Arpino si viene subito avvolti da un inebriante profumo di casatiello appena sfornato, lo stesso che per decenni ha accompagnato le festività nelle case atellane. Qui ogni casatiello è fatto a mano, dall’impasto alla farcitura, e segue i tempi lenti della lievitazione naturale come una volta. Vengono impiegati solo ingredienti locali di alta qualità: farina del territorio, sugna pura, formaggi e salumi campani selezionati, uova fresche. Il risultato è un casatiello dal sapore genuino, ricco ma equilibrato, che ha conquistato i palati non solo in zona ma anche di tanti estimatori da fuori regione. Non a caso, Casatiè ha voluto portare questa specialità oltre i confini locali aprendo al mercato online, così che chiunque in Italia possa assaggiare il casatiello napoletano autentico e farsi spedire a casa un pezzo di tradizione​

L’azienda Casatiè è un esempio di come sia possibile innovare rimanendo fedeli alle radici: accanto al casatiello classico, propone varianti per incontrare gusti diversi (ad esempio il Casatiello Vesuvio arricchito di friarielli e salsiccia, o versioni piccanti con pepe extra), ma sempre nel solco della ricetta antica. La famiglia Petrone ha reso il casatiello un ambasciatore del territorio atellano, partecipando a fiere enogastronomiche e valorizzando un prodotto che un tempo era considerato solo “casalingo”, elevandolo a eccellenza campana. Chi ha avuto modo di assaggiare il casatiello di Casatiè ne loda la fragranza unica e la bontà sincera, quella che riporta alla memoria i sapori di una volta. In un sol boccone si percepisce la passione e la maestria artigianale che ci sono dietro – un equilibrio di gusto frutto di esperienza, conoscenza degli ingredienti e amore per la propria terra.

Casatiè di Andrea Petrone dimostra che tradizione e professionalità possono andare a braccetto: mantenendo vivo un legame profondo col territorio e con la cultura partenopea, ha saputo far (ri)scoprire il casatiello a nuove generazioni di clienti. E se oggi il casatiello gode di rinnovata popolarità anche al di fuori della Campania, lo si deve anche a realtà come questa, capaci di custodire la memoria gastronomica e al contempo di farla evolvere senza tradirla.

La tradizione del casatiello a Sant’Arpino intervista al giornalista Elpidio Iorio

A raccontarci le origini profonde della tradizione del casatiello a Sant’Arpino è Elpidio Iorio, giornalista, operatore culturale e ideatore del celebre Premio Pulcinellamente. La storia che ci affida non è fatta solo di sapori, ma soprattutto di radici, identità e visione collettiva.

Tutto comincia nel dicembre del 1984, quando a Sant’Arpino viene costituita la Pro Loco. Un anno dopo, nasce un’idea destinata a segnare profondamente il tessuto culturale e sociale della cittadina atellana: la Sagra del Casatiello. La prima edizione si tiene nell’aprile del 1986, come atto concreto di valorizzazione del patrimonio gastronomico locale, ma anche come strumento di crescita armonica e condivisa della comunità.

Fin da subito, la Sagra si configura non solo come evento enogastronomico, ma come manifestazione identitaria, capace di tenere insieme passato e futuro, memoria e progettualità. “Il casatiello – racconta Iorio – è diventato il nostro simbolo, il nostro filo conduttore, un archetipo culturale attorno a cui si è aggregato un intero paese. Edizione dopo edizione, la festa ha parlato con linguaggi sempre nuovi, ma con un unico messaggio: la valorizzazione delle radici non come nostalgia, ma come fondamento per uno sviluppo sostenibile e autentico.”

La Sagra ha attraversato le stagioni della storia locale, passando il testimone da una generazione all’altra, in un continuo fluire di volti, gesti e storie, tutti legati da quell’aroma inconfondibile di strutto, pepe e formaggio che riempie le strade nei giorni della festa. Dopo oltre 25 anni, l’evento è diventato un “palcoscenico comunitario”, in cui nessuno è spettatore ma tutti sono attori: chi prepara, chi racconta, chi assaggia, chi conserva la memoria. La scommessa della durata è stata vinta, ma ancor più importante è stato creare un senso di appartenenza profonda, che ha reso il casatiello bene culturale immateriale della comunità.

In questo contesto si inserisce perfettamente l’opera di Casatiè di Andrea Petrone, che rappresenta la sintesi ideale tra artigianalità e radicamento territoriale. Il successo della sua produzione non è un caso: è figlio di una cultura collettiva che da decenni celebra il casatiello non solo come cibo, ma come simbolo identitario di Sant’Arpino, capace di unire generazioni e di raccontare – fetta dopo fetta – una storia che continua a scriversi.

Domande Frequenti sul Casatiello Napoletano

Vediamo le principali FAQ sul casatiello napoletano con le principali curiosità ed informazioni utili

Quanto tempo si conserva il casatiello napoletano?

Il casatiello si conserva perfettamente fino a 5 giorni se tenuto a temperatura ambiente, in un luogo fresco e asciutto, avvolto in un canovaccio o carta forno. Per una durata maggiore si può conservare in frigo e riscaldare leggermente prima di servire.

Posso congelare il casatiello?

Sì, il casatiello si può congelare dopo la cottura. Taglialo in porzioni e avvolgilo bene in pellicola e alluminio. Si conserva fino a 2 mesi in freezer. Al momento dell’uso, lascialo scongelare a temperatura ambiente e poi scaldalo in forno.

Qual è la differenza tra casatiello e tortano?

La differenza principale sta nelle uova: il casatiello ha uova intere con guscio incastonate in superficie, mentre nel tortano le uova sono sode, sgusciate e tagliate a pezzi nel ripieno. L’impasto e i salumi sono simili, ma l’aspetto e la simbologia cambiano.

Esistono versioni del casatiello senza strutto?

Sì, esistono varianti del casatiello senza strutto, perfette per chi non consuma grassi animali. Lo strutto viene sostituito con olio extravergine d’oliva o burro vegetale. Il risultato è più leggero, ma comunque gustoso.

Come si fa il ripieno del casatiello originale?

Il ripieno tradizionale prevede salame Napoli, cicoli, provolone piccante e pecorino grattugiato. Alcune varianti familiari includono prosciutto, pancetta o uova sode nel ripieno. Il tutto va distribuito uniformemente sull’impasto prima di arrotolarlo.

Quando si mangia il casatiello?

Tradizionalmente si consuma dal Sabato Santo alla Pasquetta. Viene servito come antipasto, piatto unico o cibo da scampagnata. Si gusta sia tiepido che freddo, e si abbina bene con vini rossi giovani o una birra artigianale leggera.

Le uova del casatiello si mangiano?

Sì, le uova del casatiello si mangiano. Vengono cotte direttamente in forno insieme all’impasto e sono perfettamente edibili. Tradizione vuole che ogni commensale ne rompa una durante il pasto pasquale, come gesto simbolico di rinascita e condivisione.

Conclusione: un invito a riscoprire la tradizione pasquale napoletana

Il viaggio nel mondo del casatiello napoletano, tra storia e sapori, ci ricorda quanto sia vivo il patrimonio culinario partenopeo. Dietro a questa ricca ciambella salata ci sono secoli di tradizione, significati simbolici profondi e soprattutto l’amore per la convivialità e la condivisione a tavola. Preparare (o anche solo gustare) un casatiello fatto a regola d’arte significa toccare con mano la storia di Napoli, sentire i profumi e i gesti antichi che rivivono nel presente.

Che sia il casatiello classico tramandato dalle nonne, una versione moderna senza strutto o una fetta del celebrato Casatiè di Sant’Arpino, l’importante è non perdere il legame con questa eredità gastronomica. La Pasqua è l’occasione ideale per riscoprire il piacere di impastare con calma, di aspettare che la massa lieviti, di riempire la cucina dell’aroma di pepe e formaggio, e infine di spezzare il pane in cerchio con la famiglia e gli amici, celebrando insieme la festa.

In conclusione, il casatiello napoletano non è solo una ricetta: è un rito collettivo che si rinnova ogni anno. Lasciamoci ispirare da questa specialità così antica eppure sempre attuale, e custodiamone la tradizione. In un mondo che corre veloce, prendersi il tempo per fare un casatiello – o anche solo per cercarlo presso un bravo fornaio o una realtà artigianale – è un modo per riappropriarsi di sapori autentici e di un pezzo dell’anima di Napoli. Buon casatiello a tutti, e buona riscoperta della tradizione pasquale napoletana!

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