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Un portale a cura di Marco Ilardi

Canti popolari napoletani antichi

canti popolari napoletani antichi
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I canti popolari napoletani antichi rappresentano una delle espressioni culturali più significative e iconiche della città partenopea.

Questi canti, noti anche come “canzoni napoletane” o “canzoni alla napoletana”, hanno radici profonde nella storia e nella tradizione di Napoli e della Campania, e hanno contribuito a plasmare l’identità culturale della regione.

La storia dei canti popolari napoletani risale almeno al XVIII secolo, quando Napoli era una delle principali capitali della cultura europea.

In quel periodo, la città era famosa per la sua musica, la sua arte e la sua letteratura, e i canti popolari rappresentavano una forma di espressione culturale molto diffusa tra la popolazione locale.

La nascita dei canti popolari napoletani è strettamente legata alla tradizione orale, che permetteva ai musicisti e ai cantanti di strada di diffondere le loro composizioni in tutta la città.

Questi canti popolari napoletani antichi erano spesso improvvisati, e venivano eseguiti accompagnati da strumenti tradizionali come il mandolino, la chitarra e l’organetto.

Durante il XIX secolo, i canti popolari napoletani raggiunsero il loro apice di popolarità, grazie in parte alla diffusione della cultura italiana in Europa.

In questo periodo, molti artisti di successo, come Enrico Caruso e Mario Lanza, registrarono versioni delle canzoni napoletane, contribuendo alla loro diffusione in tutto il mondo.

I canti popolari napoletani sono sempre stati un elemento importante della vita sociale e culturale di Napoli e della Campania.

Molte delle canzoni sono legate a eventi storici, come l’eruzione del Vesuvio del 1794, o a personaggi famosi, come la regina Margherita di Savoia.

Tammurriate, fronne ‘e limone, canti ‘a figliola sono alcune tra le forme più importanti della musica di tradizione orale della Campania e dell’area Vesuviana

Altre canzoni sono invece legate alla vita quotidiana della città, ai suoi piatti tipici, ai suoi luoghi più belli e ai suoi personaggi più stravaganti.

Oggi, i canti popolari napoletani continuano ad essere molto diffusi e amati dalla popolazione locale. Molte associazioni e gruppi musicali si dedicano alla loro conservazione e alla loro diffusione, promuovendo concerti e spettacoli in tutta la città.

Pensiamo ad esempio al progetto Napulitanata, che promuove spettacoli nella zona del Museo Nazionale, uno spettacolo di un ora durante il quale è possibili ascoltare le più celebri melodie napoletane.

Inoltre, le canzoni napoletane sono ancora molto apprezzate a livello internazionale, e continuano a rappresentare un’importante espressione della cultura italiana nel mondo.

Tra i balli popolari napoletani ricordiamo il ballo sul tamburo (o ballë ‘n coppë o tammurrë), danza in coppia che si articola in alcune varianti nella zona vesuviana.

Nella stessa zona convive in minor numero di paesi la quadriglia e il ballo carnevalesco del laccio d’amore o del palintrezzo. Nell’isola di Ischia si è conservata la danza armata della ‘ndrezzata.

La ‘Ndrezzata è un canto rituale con spade e bastoni  e la leggenda vuole che fosse il ballo delle Ninfe sulle note che Apollo produceva da una cetra d’oro.

Apollo, pizzicando la cetra, si innamorò della ninfa Coronide, la sposò e da loro nacque Esculapio. Apollo, soddisfatto, conferì allora alla sorgente ischitana “Nitrodi” la proprietà di offrire bellezza e guarigione.

Musiche e canti popolari della festa della Madonna dell’Arco

La festa della Madonna dell’Arco è una delle principali celebrazioni religiose della Campania, che si svolge ogni anno il lunedì di Pasqua, nella cittadina di Sant’Anastasia, alle porte di Napoli. La festa è caratterizzata da una grande processione, in cui viene portata in giro la statua della Madonna dell’Arco, patrona dei pellegrini e dei contadini.

Durante la processione, vengono eseguite molte musiche popolari napoletane, che accompagnano la folla di fedeli lungo il percorso. Tra le musiche più famose ci sono:

  1. “Maria, santissima del Carmine”: si tratta di una preghiera musicale, che viene eseguita in onore della Madonna dell’Arco. La melodia è molto semplice e coinvolgente, e viene cantata da tutti i fedeli presenti durante la processione.
  2. “Madonna dell’Arco”: è una canzone popolare napoletana che celebra la figura della Madonna dell’Arco. La melodia è allegra e vivace, e si presta ad essere cantata e ballata durante la festa.
  3. “Tarantella della Madonna dell’Arco”: è una tipica tarantella napoletana, che viene eseguita durante la festa della Madonna dell’Arco. La melodia è molto ritmata e coinvolgente, e si presta ad essere ballata in coppia.
  4. “Cantata del Pellegrino”: è una preghiera musicale, che viene eseguita durante la processione in onore della Madonna dell’Arco. La melodia è molto commovente e coinvolgente, e viene cantata da tutti i fedeli presenti.

Queste musiche popolari napoletane rappresentano un importante elemento della tradizione religiosa e culturale della Campania, e contribuiscono a rendere la festa della Madonna dell’Arco un momento di grande coinvolgimento e partecipazione per tutti i fedeli e i visitatori.

I canti popolari napoletani antichi della Madonna di Montevergine

I canti della Madonna di Montevergine sono una raccolta di canti sacri dedicati alla Vergine Maria venerata nel santuario di Montevergine, situato in provincia di Avellino, in Campania.

Il santuario di Montevergine, costruito nel XII secolo, è uno dei luoghi di culto mariano più importanti dell’Italia meridionale e custodisce un’icona sacra della Madonna risalente al XIII secolo. Ogni anno, il 2 febbraio, si celebra la festa della Madonna di Montevergine, alla quale partecipano migliaia di pellegrini provenienti da tutta Italia.

I canti della Madonna di Montevergine rappresentano una parte importante della tradizione musicale popolare campana e sono stati tramandati di generazione in generazione. I testi dei canti, scritti in dialetto campano, sono caratterizzati da un forte sentimento religioso e da un profondo attaccamento alla terra e alle tradizioni locali.

Tra i canti più importanti c’è sicuramente Chi vo’ grazie ra Mamma Schiavona.

E’ tra le preghiere cantate in dialetto dedicate alla Madonna nera del montagnone più belle e recita;

“Chi ‘vo grazzie ‘a chesta Vergine, ca sagliesse a monte vergine, ca sagliesse a Montevergine.

(il secondo verso viene ripetuto in ogni strofa),Chi vo’ grazzie ‘ a Mamma Schiavona, ca sagliesse ‘o muntagnone. ‘O muntagnone stamme saglienno, e quanta grazzie ca stammo avenno.

Oje Madonna comme si’ bella nce fai dint’ ‘a sta cappella?

Che bell’uocchie tene ‘a Madonna ca me pareno ddoje. stelle! Cu chist’uocchie nce date ‘o splendore mamma bella ‘e ll’altare maggiore. Statte bona Madonna mia l’anno che vene turnammo a venì.

Simmo jute e simmo venute -.e quanta grazzie c’avimmo avuto. E si nun nce vedimmo ‘e mise,Mamma aspettace ‘mparaviso”

La tarantella napoletana

La tarantella napoletana è una danza popolare che ha origini antiche e che si è evoluta nel corso dei secoli, diventando uno dei simboli della cultura e della tradizione campana. La sua origine è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi, ma si ritiene che la danza sia nata nell’Italia meridionale, probabilmente in Puglia o in Campania.

La tarantella napoletana è una danza di corteggiamento caratterizzata da un ritmo molto veloce e coinvolgente, che prevede l’alternanza di passi veloci e lenti, e che viene accompagnato da strumenti come la chitarra, la fisarmonica, il mandolino, il tamburello e le castagnette.

La danza ha avuto diverse varianti nel corso dei secoli, a seconda delle diverse zone geografiche in cui si è diffusa. In particolare, la tarantella napoletana si è divisa in due principali varianti: la tarantella del Gargano e la tarantella del Vesuvio.

La tarantella del Gargano è caratterizzata da un ritmo molto veloce, che richiede una grande abilità e agilità da parte dei ballerini. La danza prevede l’alternanza di passi rapidi e saltellanti, accompagnati da movimenti delle braccia e delle mani.

La tarantella del Vesuvio, invece, è caratterizzata da un ritmo più lento e melodioso, che prevede l’alternanza di passi veloci e lenti, accompagnati da movimenti sinuosi delle braccia e delle mani. Questa variante della tarantella è considerata più raffinata e elegante rispetto alla versione del Gargano.

Nella cultura popolare, la tarantella napoletana è stata spesso associata alla guarigione dalla tarantolosi, una malattia che si credeva essere causata dalla puntura di un ragno velenoso. Secondo la tradizione, i malati di tarantolosi dovevano ballare la tarantella per diverse ore al giorno, finché non raggiungevano uno stato di estasi che li guariva dalla malattia.

Oggi, la tarantella napoletana viene eseguita principalmente durante le feste popolari e le celebrazioni religiose, ma anche in contesti più moderni come concerti e spettacoli teatrali. La danza rappresenta un importante elemento della cultura e della tradizione campana, che contribuisce a mantenere vive le radici storiche e culturali della regione.

Una delle tarantelle più famose è senza ombra di dubbio Michelemmà del XVII secolo attribuita erroneamente a Salvator Rosa e nata probabilmente durante le prime invasioni turche.

Tra le versioni più belle ricordiamo sicuramente quella di Roberto Murolo.

È nata ‘mmiez’ô mareMichelemmà, MichelemmàÈ nata ‘mmiez’ô mareMichelemmà, MichelemmàOje ‘na scarolaOje ‘na scarolaOje ‘na scarolaOje ‘na scarola

 

I canti delle lavandaie nella storia della canzone napoletana

I canti delle lavandaie rappresentano una pagina importante della storia della canzone napoletana e della cultura popolare partenopea in generale. Questi canti, nati nella seconda metà del XIX secolo, narravano la vita quotidiana delle donne che lavoravano come lavandaie sulle rive del fiume Sebeto a Napoli.

Le lavandaie erano donne molto laboriose, che si alzavano all’alba per andare a lavare i panni lungo il fiume. Il loro lavoro era molto faticoso e spesso le donne cercavano di alleviare la fatica cantando canzoni popolari, che raccontavano storie d’amore, di lutto o di speranza.

I canti delle lavandaie, o “villanelle alla lavandaia”, diventarono molto popolari tra la gente comune, tanto da essere cantati anche nelle taverne e nei caffè della città. La loro musica era molto semplice e ritmata, con un accompagnamento di chitarra e mandolino, e le parole spesso erano scritte in dialetto napoletano.

Tra i più famosi canti delle lavandaie si possono citare “A canzone ‘e Napule”, “L’urdemo tramonto”, “Core n’grato”, “O marenariello”, “E spingole frangese”, solo per fare qualche esempio.

La bellezza e la semplicità dei canti delle lavandaie fecero sì che la loro musica si diffondesse rapidamente anche al di fuori di Napoli e della Campania, diventando una delle espressioni più rappresentative della cultura popolare italiana.

I canti delle lavandaie continuano ad essere eseguiti e amati anche oggi, e rappresentano una testimonianza preziosa della storia e delle tradizioni della città di Napoli e della sua gente.

Un opera che ho ascoltato tantissime volte in cui ci sono canti delle lavandaie come quello famoso di Antignano è la Gatta Cenerentola di Roberto De Simone

La gatta cenerentola

“La Gatta Cenerentola” è un’opera teatrale musicale scritta e diretta dal compositore e regista napoletano Roberto De Simone. La prima rappresentazione dell’opera ebbe luogo a Napoli nel 1976, e da allora ha avuto un enorme successo in tutto il mondo.

La trama dell’opera si basa sulla fiaba di Cenerentola, ma viene riproposta in chiave moderna e napoletana. La protagonista della storia è una gatta, interpretata da un’attrice, che vive in una Napoli popolare e racconta la sua storia attraverso il canto e la danza. La gatta viene maltrattata dalla matrigna e dalle sorellastre, ma grazie alla magia di una vecchia zia e alla sua perseveranza riesce a conquistare l’amore del principe.

La musica dell’opera è un mix di sonorità popolari napoletane, jazz e musica contemporanea, con testi in dialetto napoletano. Il risultato è un’opera spettacolare e coinvolgente, che unisce la tradizione musicale popolare alla sperimentazione artistica.

“La Gatta Cenerentola” ha rappresentato una svolta nella storia della musica e del teatro in Italia, diventando un punto di riferimento per molte altre opere di teatro musicale. La genialità di Roberto De Simone ha saputo fondere in maniera unica la tradizione con l’innovazione, creando un’opera che continua ad affascinare il pubblico di tutto il mondo.

 

Serenata a fronna e limone di Pino Daniele

L’importanza degli antichi canti napoletani è stata ricordata anche dal grande Pino Daniele che scrisse nel 2005 nell’album Iguana Cafè una canzone chiamata appunto Serenata a fronna e limone

Pecché, pecché, pecché nun truov pace?E chistu cor’ o saje se dispiace‘O male che me fatte je te perdonOgnun’è malament, ognun’è bbuone
Serenate a fronn’e limoneE ghià, affacciat ‘a chistu balconE si ‘o bene annasconn’e parol’, je te vogli’accussìE nun me ‘mport ‘e niente
Serenata, me siente

 

 

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