Mercoledì 4 dicembre 2025 è mancato Antonio Mellino, meglio conosciuto dai napoletani come Agostino o’ pazzo. Aveva 73 anni. Il giorno seguente la chiesa di San Lorenzo Maggiore traboccava di gente: oltre 200 persone si sono strette attorno alla famiglia per salutare l’ultimo viaggio del motociclista che negli anni Settanta trasformò i vicoli del centro storico in un circuito da gran premio, conquistando il cuore di migliaia di napoletani.
Un piccolo modellino di moto poggiato sul feretro raccontava, senza bisogno di parole, quella che era stata la sua vita. Nelle prime file c’erano la moglie e le quattro figlie. Attorno a loro amici di sempre, commercianti dei vicoli, motociclisti in giubbotto di pelle con le maglie Harley Davidson. «Tra noi bikers c’è questa usanza», racconta Carmine. «Quando se ne va un compagno di strada, veniamo a salutarlo. Ci sarebbe piaciuto far rombare una moto sul sagrato, ma con tutta quella gente a San Gregorio Armeno non si poteva».
Da dove viene il mito di Agostino
Nato il 9 dicembre 1952, Antonio era figlio di Vincenzo Mellino, antiquario in piazza dei Girolamini. Proprio quel palazzo aveva ospitato secoli prima Giambattista Vico. Il ragazzo crebbe tra le botteghe antiche e le stradine strette del centro, ma il suo sguardo era sempre rivolto altrove: verso il rombo dei motori, verso la velocità, verso la libertà.
Il soprannome Agostino gli venne dal suo idolo, Giacomo Agostini – 15 volte campione del mondo. Il “pazzo” invece se lo guadagnò sul campo, con quella sua maniera spericolata di vivere e di guidare che non conosceva limiti né paure.
A 14 anni sfrecciava già sotto la galleria Vittoria in Vespa. Il sogno era diventare pilota professionista. Quando riuscì a mettere le mani su una Gilera 125 truccata, raggiunse pure Vallelunga per provare il circuito vero.
Agosto 1970: le Quattro Nottate che cambiarono tutto
L’estate del ’70 fu caldissima. Napoli bolliva, e non solo per il sole. Luglio aveva visto oltre duemila reati contro il patrimonio – scippi soprattutto. Le forze dell’ordine reagirono con il pugno di ferro: in meno di un mese sequestrarono circa cinquecento ciclomotori.
Fu in quel clima rovente che Antonio, poco più che diciottenne, decise di trasformare le strade del centro in una pista. Capelli lunghi, giubbotto finto pelle stile Easy Rider, e quella Gilera 125 che urlava come un animale selvatico.
Dal 18 al 23 agosto iniziarono le sue scorribande notturne. Non aveva paura di niente e di nessuno. Rubava i berretti agli agenti, faceva pernacchie nei cortili delle caserme, seminava le Alfa Romeo Giulia della polizia con impennate da circo e accelerazioni fulminee nei vicoli più stretti.
Tra il 23 e il 26 agosto – quelle che poi chiamarono Le Quattro Nottate – migliaia di napoletani scesero in strada la sera tardi. Si radunavano tra piazza Municipio, piazza Trieste e Trento, via Toledo e piazza Carità, aspettando che comparisse lui. I ragazzini si arrampicavano sui pali della luce per avvistarlo da lontano e dare l’allarme. La città andò in tilt. Ingorghi a croce uncinata, gente che bloccava tutto. Il tam tam dei vicoli aveva fatto di Agostino un nuovo Masaniello su due ruote.
Ma la notte tra il 24 e il 27 agosto le forze dell’ordine erano pronte. Oltre settecento tra poliziotti e carabinieri lo stavano aspettando. Antonio, che non era sprovveduto, capì che sarebbe stata una trappola e non si fece vedere. Però la tensione ormai era altissima. Scoppiarono scontri violenti: cinquantasei feriti, cinquantanove arrestati, duecentotrentadue fermati.
Il 25 agosto gli agenti bussarono a casa in piazza dei Girolamini. Aprì il padre Vincenzo, disse che il figlio non c’era, poi ebbe un malore. Il 18 settembre Antonio fu preso in piazza del Gesù Nuovo. Era in auto con alcuni amici, senza la sua Gilera. Non poté scappare. A dicembre arrivò la sentenza: quattordici mesi e venti giorni con le attenuanti generiche per via dell’età. Ma di galera vera non ne fece nemmeno un giorno.
Quando il cinema bussò alla porta
La notorietà conquistata con quelle notti di follia attirò l’attenzione del regista Umberto Lenzi, maestro del poliziottesco. Lo volle per “Stress” e “Un posto ideale per uccidere” (1971), dove Antonio recitava se stesso accanto a dive come Ornella Muti e Irene Papas.
Poi vennero “Maccheroni” di Ettore Scola e “La pelle” di Liliana Cavani. Conobbe anche Agostina Belli, con cui girò alcune scene in moto che fecero parlare di un presunto flirt.
A Cinecittà divenne lo specialista delle cadute. Lavorò tre mesi per la produzione americana “I guerrieri del mondo perduto”. C’è chi dice che fu anche una delle ispirazioni per il personaggio di “Troppo forte” di Carlo Verdone.
Provò pure con il circo, quello di Heller Togni. Saltava undici auto in fila con la moto. Una volta la tavola dello slancio era troppo morbida, rimbalzò male e finì per rompersi le ginocchia. Lasciò perdere. Si dedicò anche agli spettacoli comici, dove ogni tanto compariva un giovane sconosciuto di nome Massimo Troisi.
La bottega di piazza Girolamini
Finita la gioventù da ribelle e l’avventura nel mondo dello spettacolo, Antonio scelse una strada più tranquilla. Riprese il mestiere del padre. Gli ultimi anni li ha passati tra icone sacre, pastori, ex-voto, mattonelle antiche, angeli e santi, teste di imperatori e cianfrusaglie varie nella sua bottega di Piazza Gerolomini 281, proprio accanto al murale di Banksy con la Madonna che impugna una pistola.
Nonostante avesse messo su qualche chilo e superato i cinquant’anni, Antonio Mellino era rimasto sempre disponibile a raccontare le sue avventure giovanili, con quella miscela di orgoglio e consapevolezza di chi ha vissuto intensamente. Anche io ho avuto il piacere di conoscerlo e di parlarci diverse volte.
Il mito che non muore
A Napoli ancora oggi, quando si vede qualcuno correre in modo esagerato in moto o in auto, si dice: “Pari Agostino o’ pazzo” (sembra Agostino il pazzo). L’espressione è entrata nel linguaggio comune napoletano, testimoniando come la sua leggenda sia diventata parte integrante della cultura popolare partenopea.
Alcuni dicono che la canzone di Pino Daniele “Je so pazzo” sia stata ispirata proprio a lui.
Emblema di una Napoli dove gli eroi stavano spesso dalla parte dei ribelli e dei ribaldi, la sua leggenda è cresciuta nei decenni fino all’antonomasia: chi è bravo a guidare una moto diventa subito “un nuovo Agostino o’ pazzo”.
Anche Giacomo Agostini, il campione che aveva ispirato il soprannome del giovane napoletano, ebbe modo di commentare: “Non l’ho visto andare in moto, ma so che andava fortissimo, che era molto bravo a guidare nei vicoli. È tutta un’altra guida rispetto alla pista. Forse ci vuole più abilità rispetto alla pista”.
Un’epoca irripetibile
La storia di Agostino o’ pazzo rappresenta uno spaccato unico della Napoli degli anni Settanta, una città ribelle e in perenne tumulto, dove la protesta popolare si mescolava alla voglia di libertà e alla sfida contro l’autorità costituita.
Antonio Mellino incarnò lo spirito di una generazione che cercava spazi di espressione e di ribellione in un’epoca di grandi cambiamenti sociali. Le sue gesta, al di là del giudizio morale, divennero un simbolo di quella Napoli autentica, capace di creare miti popolari destinati a durare nel tempo.
Ora che il ruggito della sua Gilera si è spento per sempre, rimane il ricordo di un giovane dai lunghi capelli che volava sui sampietrini del centro storico, seminando poliziotti e carabinieri, facendo impazzire una città intera e diventando immortale.
L’eredità di Agostino
Con la morte di Antonio Mellino si chiude definitivamente un capitolo della storia di Napoli, ma il mito di Agostino o’ pazzo continua a vivere nelle strade del centro storico, nei racconti degli anziani che lo videro sfrecciare, nelle espressioni dialettali che ancora lo citano, nel ricordo collettivo di una città che non dimentica i suoi eroi, anche quelli più ribelli.
La sua storia ci ricorda che Napoli è una città capace di trasformare i suoi personaggi in leggende, di fare della ribellione un’arte, di conservare nella memoria popolare figure che rappresentano la voglia di libertà, l’insofferenza verso le regole e quel pizzico di follia che rende unica l’anima partenopea.
Riposa in pace, Agostino. La tua Gilera 125 ha smesso di rombare, ma il tuo mito continuerà a correre per sempre nelle strade di Napoli.
Info utili:
- Data di nascita: 9 dicembre 1952
- Data di morte: 4 dicembre 2025
- Funerali: 5 dicembre 2025, Chiesa di San Lorenzo Maggiore
- Negozio: Piazza Gerolomini 281, 80138 Napoli (accanto al murale di Banksy “Madonna con Pistola”)
- Soprannome: Derivato da Giacomo Agostini, 15 volte campione del mondo di motociclismo
- Motocicletta: Gilera 125 truccata
- Film principali: “Un posto ideale per uccidere” (1971), “Maccheroni”, “La pelle”, “I guerrieri del mondo perduto”

